Otto titoli di cui sei prodotti dal Teatro Verdi di Trieste nei suoi laboratori artigianali cittadini, due per la prima volta in accordo di co-produzione a largo respiro con il Teatro Comunale di Bologna; il ritorno di Wagner in città e il raro Candide di Bernstein per il repertorio novecentesco con il debutto alla regia del coreografo Renato Zanella a chiudere la stagione, ma anche grandissime voci giovani come Amartuvshin Enkhbat, Anastasia Bartoli e Roman Burdenko, bacchette di assoluto riferimento sui singoli repertori, come Ciampa per il Trittico pucciniano, Calesso per Der fliegende Holländer e Oren per Rigoletto; registi di grande solidità come Arnoud Bernard o Henning Brockhaus, la conferma di un titolo donizettiano per il secondo anno consecutivo: la grande Trieste musicale ritorna pienamente al suo storico ruolo culturale tra le ottocentesche mura del Verdi.
La stagione apre l’8 novembre con il più popolare e cinematografico dei titoli verdiani, La Traviata, nel nuovo allestimento per il Verdi del regista francese Arnoud Bernard, noto per la sua capacità di riletture intriganti pur rimanendo sempre in una cornice di impeccabile classicismo. Sul podio il Direttore Musicale Stabile Enrico Calesso, che affrontò per la prima volta il titolo nel 2018 al Maggio Musicale Fiorentino e da allora ne ha fatto uno dei suoi punti di forza sui tanti palchi europei dove stabilmente dirige. Il cast è guidato da una Violetta di assoluta esperienza quale la quarantottenne napoletana Maria Grazia Schiavo, voce di riferimento di direttori quali Muti e Dantone e presenza importante sui migliori palchi, da Salisburgo alla Scala. Con lei il giovane Alfredo di Antonio Poli, tra i tenori più stimati della nuova generazione.
A dicembre subito il balletto Don Quixote, che conferma l’ormai stabile rapporto artistico e creativo con la vicina Lubljana, piccola Salisburgo slovena alle porte di Trieste, vivace centro di musica e danza guidato dal coreografo veronese Renato Zanella, che quest’anno porterà a Trieste il celeberrimo titolo ottocentesco di Ludwig Minkus su libretto e coreografia di Marius Petipa con le modifiche del 1900 di Alexander Gorky, per un intramontabile classico della danza affrontato con rigore filologico e tutta la freschezza del balletto di Lubljana.
Il nuovo anno si aprirà invece a gennaio con Die Entführung aus dem Serail di Mozart nel nuovo allestimento firmato dal regista, scenografo e costumista Ivan Stefanutti con il ritorno sul podio, di nuovo su titolo mozartiano, di Beatrice Venezi, la Konstanze della bella e giovane soprano russa Anna Aglatova, ancora tutta da scoprire per il pubblico italiano, e il Belmonte di Ruzil Gatin, tenore russo già invece ben presente nel nostro paese, dal Rossini Opera Festival alla Scala. In questo mese Trieste ed il suo teatro coglieranno inoltre l’occasione per ospitare, in collaborazione con PromoTurismoFVG e Comune di Trieste, l’annuale meeting di ICMA, cioè l’associazione che raccoglie le più importante testate europee di musica classica, divenendo così per alcuni giorni una vera capitale del dibattito musicale del continente.
A febbraio si proseguirà invece col trittico pucciniano Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi nel nuovo, primo allestimento in collaborazione con il Teatro Comunale di Bologna nell’ambito di una fresca sinergia tra due delle Fondazioni storiche più importanti d’Italia e che proseguirà già quest’anno a giugno con il Candide di Bernstein. Alla regia il solido Pier Francesco Maestrini e sul podio Ivan Ciampa, direttore tra i più affermati a livello internazionale per il repertorio operistico italiano. Il cast, ovviamente assai ampio, vede voci importanti come il russo Roman Burdenko, già ben apprezzato in città, Anastasia Bartoli, fra i soprani emergenti più interessanti della sua generazione, il giovane triestino Riccardo Rados e l’affermato soprano russo Olga Maslova, già amata nell’ultimo Nabucco.
Marzo invece celebrerà finalmente il ritorno a Trieste di Wagner a rinsaldare una delle tradizioni musicali più identitarie per la città giuliana sin da fine Ottocento, che negli ultimi anni sembrava invece relegata a decor storico nella sale del Museo Teatrale Schmidl: Die Fliegende Holländer con la nuova regia del tedesco Henning Brockhaus, ormai di casa al Verdi e vera colonna portante della creatività teatrale europea del Novecento da Strehler in poi, e la direzione di Enrico Calesso, tra i migliori interpreti wagneriani di area tedesca, al suo debutto nel titolo. ll cast riunisce quattro cantanti wagneriani di solidissima esperienza: nel ruolo di Der Holländer il basso baritono James Rutherford, Erik sarà interpretato dal tenore americano Clay Hilley, il soprano drammatico Elena Batoukova-Kerl sarà Senta e il basso baritono tedesco Albert Dolmen nel ruolo di Daland.
Ad aprile Lucia di Lammermoor di Donizetti continuerà il percorso con l’illustre bergamasco, ripreso in città nella scorsa stagione, grazie al sontuoso allestimento dell’Opera di Las Palmas firmato dal regista tedesco-polacco Bruno Berger-Gorski, mentre tornerà sul podio dell’Orchestra del Verdi l’amato Daniel Oren e nel ruolo del titolo la diva assoluta del Bel Canto Jessica Pratt al suo debutto a Trieste.
Ancora Oren a maggio per il Rigoletto nel nuovo allestimento del Verdi con Amartuvshin Enkhbat nel ruolo del titolo, assoluta garanzia di eccellenza dopo il brillantissimo e lodatissimo debutto in Scala per l’atteso ritorno dell’opera sul palco scaligero, con lui un giovane cast internazionale che riserverà certamente belle sorprese.
Infine grande chiusa novecentesca a giugno con il Candide di Leonard Bernstein, con il debutto alla regia d’opera di Renato Zanella, conosciuto fino ad ora solo come uno dei più brillanti coreografi di balletto d’Europa, dall’Opera di Vienna all’Arena di Verona e personalità ben nota in città per la sua effervescente creatività. Sul podio l’affermato direttore Kevin Rhodes, che saprà sicuramente dare il giusto tocco a questa rara operetta in due atti composta da Bernstein proprio negli anni in cui, a tutti gli effetti, Trieste viveva sotto il protettorato anglo-americano, vera enclave di cultura anglosassone in territorio italiano.
LA STAGIONE SINFONICA
Con otto concerti dal 15 di settembre fino al 22 di dicembre, riparte la consueta e assai seguita stagione sinfonica del Verdi che quest’anno vedrà i primi due appuntamenti fuori abbonamento nell’ambito del Nuovo Festival di Trieste in collaborazione con La Società dei Concerti. Protagonista assoluta l’orchestra del teatro, anche quest’anno impegnata su impaginati assai variati e impreziositi di vere rarità, dalla grande tradizione tedesca al Novecento meno frequentato e grande chiusura insieme al coro con la Messa a quattro voci ed orchestra di Puccini a coronamento del suo centenario.
Dopo la capsule all’interno del Nuovo Festival di Trieste con Giovanni Sollima in doppia veste di violoncello solista e direttore, Rachmaninov e Dvorak con Will Humburg sul podio e Nikolai Lugansky al pianoforte, per i due appuntamenti in collaborazione con Società dei Concerti, venerdì 27 settembre si entrerà nel vivo della stagione sinfonica vera e propria con un primo appuntamento di grande interesse e originalità, dedicato infatti alla riscoperta e ricreazione della musica folklorica in chiave colta dell’Ottocento europeo con la rara Symphonie espagnole per violino e orchestra di Édouard-Victor-Antoine Lalo e i Tableaux d’une exposition di Musorgskij nella trascrizione per orchestra di Maurice Ravel. Sul podio la grande esperienza del direttore austriaco Hans Graf e al violino l’eccellente virtuoso Sergej Krylov.
Seguirà il 5 ottobre un impaginato più classico tra Brahms e Schumann con il ritorno del giovane e brillante Ettore Pagano al violoncello, del grande violinista serbo Stefan Milenkovich con la bacchetta dell’ottantunenne direttore tedesco Hartmut Haenchen, vero maestro della grande scuola d’oltralpe e custode della sua più solida tradizione musicale.
Quindi l’11 ottobre un primo impaginato davvero prezioso nella sua indubbia originalità, aperto dai Cinque frammenti di Saffo – Liriche Greche del novecentesco di Luigi Dalla Piccola, testimonianza storica dell’interesse e riscoperta per la metrica antica da parte dei compositori del secolo scorso, quindi l’ancor più raro torinese Sandro Fuga col Concerto per Pianoforte, archi e timpani, autore peraltro premiato proprio in città al Concorso di Composizione Sinfonica “Città di Trieste” nel 1952; infine la Sinfonia di Salmi di Stravinsky, capolavoro che apre il suo fortunato periodo definito ‘neoclassico’. Sul podio per l’occasione il giovane direttore napoletano, ma ormai adottato dalle migliori orchestre di area germanica, Tommaso Turchetta, sul palco la voce dell’affermato soprano Marie Pierre Roy, nota per la sua grande sicurezza sul repertorio barocco e contemporaneo, quindi il pianista Giacomo Fuga, figlio del compositore Sandro Fuga e quindi interprete per eccellenza della composizione del padre.
Tra ottobre e novembre poi doppio appuntamento del Direttore Musicale Enrico Calesso: il 18 ottobre con il Tristan-Vorspiel und Isoldes Liebestod dall’opera Tristan und Isolde di Richard Wagner, quindi il Concerto per violino e orchestra di Ferruccio Busoni nel centenario dell’illustre cittadino giuliano col violinista Premio Paganini Giuseppe Gibboni, infine i due poemi sinfonici di Richard Strauss, Don Juan e Tod und Verklärung; sabato 23 novembre invece il poco eseguito concerto per oboe sempre di R.Strauss e la settima sinfonia di Bruckner.
Infine grande chiusura pucciniana il 22 dicembre con il Maestro Jordi Bernacer sul podio per la rara Messa a quattro voci e orchestra o Messa di Gloria, opera giovanile del grande lucchese e sua ultima incursione nel repertorio sacro quale retaggio famigliare come ultimo esponente di cinque generazioni di organisti della cattedrale di San Martino, maestri della Cappella di Palazzo, docenti dell’Istituto musicale e autori di opere e di musica sacra. Un testo, lungamente dimenticato e ritrovato solo nel 1952, che sicuramente saprà incuriosire gli amanti di Puccini anche per i tanti risvolti legati alla sua giovinezza oscura, nonché per le ampie aperture su quello che fu, di lì a poco, il suo più celebre destino musicale.