BEETHOVEN Sinfonia n. 1 in do magg. op. 21; Sinfonia n. 2 in re magg. op. 36; Sinfonia n. 7 in la magg. op. 92 Orchestra Mozart, direttore Daniele Gatti
Milano, Conservatorio G. Verdi, Sala Verdi, 13 giugno 2024
L’integrale beethoveniana rappresenta un momento di verifica e riflessione sia per il pubblico che per gli esecutori. Il ciclo completo delle nove sinfonie potrebbe apparire ormai superato, stanti gli oltre due secoli di esecuzioni ed incisioni intercorse. Ma rimane la necessità, talvolta l’urgenza, di tornarvi dopo aver spaziato nel ricchissimo catalogo di partiture a nostra disposizione, appartenenti alle più svariate epoche. In qualsiasi modo li si collochino, i nove capolavori riescono ad offrire spunti ed illuminazioni ad ogni ripresa e resistono intatti non solo al trascorrere dei secoli, ma anche alle variegate proposte interpretative delle quali sono investiti.
Daniele Gatti ne ha intrapreso dal 2022, per la Società del Quartetto milanese al traguardo, festoso, dei 160 anni di attività, la lettura in collaborazione con l’Orchestra Mozart. In avvio la Terza Sinfonia, poi Quarta, Quinta e Sesta unite in una sola serata ed ora le prime due e la celeberrima Settima. Nello spazio di un paio d’ore si è così abbracciato un arco di scrittura musicale che pur esordendo già in modo grandioso si è spinto a limiti oltre i quali solo la volontà visionaria e incontentabile di Beethoven avrebbe potuto sopravanzare nel culmine della Sinfonia in re minore.
Le tre sinfonie proposte nella precedente serata erano accomunate da una accurata ricerca di equilibri formali, dall’intelligente differenziazione nei timbri e nell’impianto di insieme delle singole pagine e dalla scorrevolezza ritmica sorretta in modo formidabile dall’Orchestra Mozart.
Ieri sera l’attenzione di Daniele Gatti era rivolta altrove, ossia nelle prime due sinfonie ha prevalso l’interesse per estremizzare i contrasti, dai pianissimi ai fortissimi portati alle loro massime possibilità, all’agogica decisamente spinta nel veloce, da rallentati improvvisi volti a sottolineare punti di svolta o novità inattese con una netta opposizione tra le sezioni degli archi e dei legni. Così si è assistito ad una sorta di visione per fermi immagine alternata a precipitose riprese, soprattutto nei due movimenti esterni, mentre per quelli centrali è prevalso un rigore metrico che, unito al parco utilizzo del vibrato, li ha resi in parte meccanici.
La Sinfonia in la maggiore, tra le pagine più eseguite dell’intero repertorio sinfonico, ha visto una conduzione più meditata, soprattutto nel Poco sostenuto e vivace iniziali e nell’Allegretto: reso con geometrica perizia, quest’ultimo ha saputo trovare l’equilibrio dallo scaturire dei temi in opposizione, così da esaltare il non detto di quanto contenuto nell’enigmatico scorrere delle note. A briglia sciolta il finale, giocato nuovamente sul portare ai massimi possibili i contrasti agogici e di espressione.
L’Orchestra Mozart è riuscita a seguire il percorso interpretativo di Daniele Gatti soprattutto nella sezione degli archi, lucidi per timbro e nello scatto ritmico, mentre alcuni momenti di affanno si sono avvertiti sia per i legni che, soprattutto, per gli ottoni. Ottimi i timpani, quasi concertanti in vari momenti delle tre sinfonie.
Calorosa e con chiamate entusiastiche al termine, l’accoglienza del pubblico in una Sala Verdi affollata e ora in attesa della prossima inaugurazione settembrina con le ultime due sinfonie, a completamento del ciclo.
Emanuele Amoroso
Foto: Emma Mauri & Chris Harman