RESPIGHI Suite in Sol per organo e orchestra d’archi P. 58 CIAIKOVSKI Serenata per archi in Do Op. 48 RHEINBERGER Concerto per organo e orchestra in sol minore Op. 177; organo Alberto Mammarella; Ensemble “Rapallo Musica”, direttore Vram Tchiftchian
Rapallo, Basilica dei Ss. Gervasio e Protasio, 16 agosto 2014
Non capita molto spesso di ascoltare in concerto il repertorio per organo e orchestra: un’occasione si presenta ogni anno – dal 2009 – nell’ambito del Festival organistico internazionale organizzato dall’Associazione Rapallo Musica, una rassegna giunta alla sedicesima edizione e che nell’estate del 2014 ha presentato un cartellone di diciannove concerti disseminati in centri piccoli e grandi della Liguria, principalmente di Levante; appuntamenti spesso solistici, ma che in alcuni casi hanno accostato l’organo ad altri strumenti. Il concerto con orchestra nella Basilica di Rapallo costituisce ovviamente per più versi il momento culminante del festival: tra il non sterminato ma ancor meno scandagliato repertorio, quest’anno la scelta è caduta sul Secondo Concerto di Josef Gabriel Rheinberger e sulla Suite in Sol di Ottorino Respighi. Frutto della piena maturità di uno specialista (noto non per nulla soprattutto per le Sonate) il concerto, battezzato niente meno che da Richard Strauss (1894); opera giovanile la seconda, orientata alla forma del Concerto Grosso barocco, che soffre forse di una certa uniformità espressiva ma rivela già l’inconfondibile nobiltà dell’eloquio respighiano, particolarmente in una “Aria” e una “Pastorale” intrise di poesia. Più vigorosa e severa l’ispirazione del Concerto Op. 177 di Rheinberger, partitura animata da un’efficace alternanza di differenti volumi sonori a cui contribuisce un uso sapiente ed espressivo di corni e trombe; il più battuto e compiuto tra i due concerti lasciati dal compositore di Vaduz rappresenta un valido esempio delle sue qualità di scrittura, quelle di un araldo della tradizione il cui catalogo, che conta quasi duecento numeri d’opera, andrebbe forse approfondito con maggiore attenzione.
La fisionomia artistica di Alberto Mammarella è più quella dello strumentista-studioso che del virtuoso della tastiera, e ciò calza particolarmente a pagine nelle quali l’organo è pienamente integrato – in maniera peraltro non poco impegnativa, nel caso di Rheinberger – nel tessuto musicale, piuttosto che emergere in preziosismi solistici. E nonostante l’acustica riverberante della Basilica non facilitasse la fusione tra organo e orchestra e tendesse a impastare un poco le sezioni degli archi, una piacevole sorpresa è stata la prestazione dell’Ensemble che porta il nome dell’Associazione rapallina: giovani strumentisti che non costituiscono un effettivo organismo stabile ma si sono dimostrati nell’occasione precisi e duttili come una “vera” orchestra, condotti con plasticità dall’esperta bacchetta di Vram Tchiftchian. Il direttore bulgaro infatti non ha mai dato l’impressione di vivere della rendita del routinier, bensì ha saputo infondere anima e respiro alle partiture affrontate; compresa quella gemma autentica che è la Serenata per archi di Ciaikovski, proposta a integrare il palinsesto con un fraseggio ricco di rubato e di abbandono.
Roberto Brusotti