Il 13 luglio 2017, presso la Weill Recital Hall della prestigiosa Carnegie Hall di New York City, il violinista Alessandro Cazzato ha realizzato un interessante e originale recital dal titolo “Rewritings”, ricevendo il favore del numerosissimo pubblico in sala. L’evento è stato organizzato nell’ambito del progetto “Il Suono Italiano” promosso dal CIDIM (Comitato Italiano Musica) che da anni offre visibilità ai migliori giovani musicisti italiani all’estero. L’evento è stato patrocinato dall’IIC – Istituto Italiano di Cultura di New York e dalla SIMC (Società Italiana di Musica Contemporanea).
Il recital che la vede protagonista è stato un vero e proprio viaggio nel virtuosismo italiano: si può parlare di un tratto distintivo, a livello tecnico e di scrittura, del violinismo italiano?
«Nel mio recital per violino solo ho proposto un percorso nel virtuosismo italiano attraverso autori quali Antonio Locatelli, Niccolò Paganini, Camillo Sivori e Goffredo Petrassi. C’è un fil rouge che lega inevitabilmente questi autori: la ricerca di un virtuosismo mai fine a se stesso, teso alla cantabilità, alla trasparenza. In altri termini, un utilizzo della tecnica come scopo e non come fine. In particolare, dalle Cadenze di Antonio Pietro Locatelli ai Capricci op. 25 di Camillo Sivori – passando per la lezione di Niccolò Paganini – si evince sempre una peculiarità: anche qualora si giunga nell’area del virtuosismo, esso sarà inevitabilmente consanguineo alla musica. È questa una lezione che rivive nel capolavoro di Goffredo Petrassi dal titolo Elogio per un’ombra, pubblicato nel 1971 ma purtroppo ancora oggi poco conosciuto, che si pone l’intento di saggiare linguisticamente tutte le nuove potenzialità espressive dello strumento. Rivive qui la storia del violino con tutti i suoi stilemi, cristallizzata nell’uso altamente virtuosistico delle formule più varie, da Corelli a Paganini».
Nel programma sono state anche realizzate due prime esecuzioni assolute: ci può parlare del rapporto che intercorre tra interprete e compositore?
«Nel mio caso ho avuto il piacere e l’onore di poter collaborare con due compositori molto noti nel panorama musicale contemporaneo. Il primo è il compositore portoghese João Pedro Oliveira che nel suo Derivative I intende saggiare le potenzialità timbriche ed espressive del violinismo contemporaneo, ispirandosi al fecondo contributo che i modelli matematici hanno offerto alla composizione. La sua è una scrittura matura che non tralascia tecniche violinistiche estese di grande impatto visivo e gestuale. Il secondo compositore è il mio caro amico Paolo Geminiani. Il suo brano dal titolo Paganini’s allusions & Inferences fa rivivere momenti virtuosistici paganiniani (in particolare il Capriccio n. 6) in una vera e propria “riscrittura” tematica, armonica, ritmica e timbrica che, pur avendo precedenti illustri (uno su tutti: A Paganini di Alfred Schnittke), non perde mai la sua originalità. Sono brani che ho amato fin dall’inizio e che porterò stabilmente nel mio repertorio solistico».
Il recital violinistico era inserito in un concerto diviso in due parti: la prima, appunto, caratterizzata da un viaggio nel violinismo virtuosistico italiano, la seconda incentrata su moderne contaminazioni jazz. Come nasce questa idea?
«Il mio recital solistico è stato realizzato in concerto diviso in due momenti diversi (due sketch, appunto) incentrati entrambi sul tema della “riscrittura”, capace di congiungere due mondi così diversi quali la musica colta contemporanea e il più liquido Jazz moderno. La tematica della “riscrittura” prende spunto dai miei personali studi letterari: essa è una specifica pratica intertestuale nata dal e nel confronto fra testi (non solo musicali) che si richiamano a vicenda, a distanza di tempo e di spazio, in modo tale che l’uno “illumini” l’altro, esaltandone un carattere o evidenziandone una differenza. La contaminazione di generi e di stili è molto apprezzata a New York perché capace di coinvolgere un pubblico sempre più ampio, offrire musica nuova e inediti percorsi di ascolto».
L’idea della contaminazione fra classica e jazz non è, naturalmente, nuova: cosa caratterizza il vostro approccio?
«Il secondo recital realizzato nella stessa serata è stato affidato ai miei colleghi e amici Dario Doronzo e Pietro Gallo, rispettivamente flicornista e pianista, i quali hanno proposto una rilettura inedita in chiave jazz di celebri temi del repertorio operistico e strumentale italiano. La rilettura delle arie più significative di autori quali Claudio Monteverdi, Tommaso Giordani, Giovanni Paisiello, Pietro Mascagni, o dei brani strumentali di Domenico Scarlatti, è stata per loro un’opera di “smontaggio” e “ricomposizione” con significative modificazioni e variazioni sul piano melodico, armonico, timbrico, ritmico. Un percorso inedito e originale che mi ha personalmente colpito molto positivamente e che presto avremo il piacere di ascoltare in un disco in preparazione».
Ha pubblicato libri e articoli che indagano il rapporto fra musica e letteratura: un rapporto ancora oggi fecondo o le due discipline tendono a camminare separate?
«Musica e letteratura sono in costante rapporto l’una con l’altra, pur avendo ciascuna una particolare evoluzione: le loro reciproche relazioni devono essere concepite come uno schema complesso di rapporti dialettici che operano nei due sensi, da un’arte all’altra, e che possono venir trasformati o ridimensionati del tutto nell’arte che ne fruisce, fino a sfumarne quasi del tutto i confini. Il più valido metodo di comparazione tra le due arti è certamente fondato sull’analisi delle singole opere e quindi sulle loro relazioni strutturali, ovvero quelle particolari affinità tra procedimenti costruttivi propri della musica e della letteratura (quali ad esempio ritmo, metro, timbro, contrappunto, tema e variazioni, fugato, per citarne solo alcuni)».
Tornando alla sua carriera più “ortodossa”, qual è la sua formazione musicale e violinistica?
«Ho iniziato lo studio del Violino presso il Conservatorio “N. Piccinni” di Bari con il M° Franco Cristofoli, che ringrazio ancora oggi per la sua professionalità e soprattutto per la passione che poneva nel suo impegno didattico: un esempio illuminante anche oggi per la mia attività didattica. A diciotto anni mi sono diplomato con il massimo dei voti sotto la guida del M° Franco Mezzena e poi perfezionato con Felix Ayo, storica spalla dei Musici».
Ha inciso un disco per Tactus dedicato a riscritture per violino solo (ottimamente recensito su MUSICA 280): riscrittura come atto compositivo o interpretazione dei valori musicali del passato? Come è stato ideato il disco?
«Il mio CD per la Tactus dal titolo “Rewritings for solo violin” è il punto di partenza per il progetto realizzato a New York lo scorso luglio. Il disco prende avvio dal brano Obsession di Eugene Ysaÿe, un esempio compositivo per (ri)pensare materiali sonori del passato, rielaborando spunti bachiani che, assieme al tema gregoriano del Dies irae, riaffiorano quasi denaturalizzati come echi lontani, come sottili fantasmi sonori. Da qui parte un percorso affidato a cinque compositori che in altrettante differenti composizioni hanno espresso in musica la loro idea di “riscrittura”, intesa sia come volontà – ed esigenza – di ripensare, nella modernità, la tradizione musicale del passato per creare nuovi valori artistici, sia come recupero di stilemi del passato per riproporli, talvolta pur deformati, nella scrittura post-moderna della contemporaneità».
In che modo l’attività di docente influenza la sua pratica strumentale?
«La mia attività di docente – attualmente per il Conservatorio “F. Torrefranca” di Vibo Valentia e per il Conservatorio “T. Schipa” di Lecce – è uno stimolo prezioso e necessario per la mia attività artistica. Dall’età di ventiquattro anni ho la fortuna di dedicarmi all’insegnamento in Conservatorio: da allora la mia pratica strumentale è stata arricchita dal fresco contatto con i più giovani portandomi certamente importanti benefici».
Quali sono i progetti per l’immediato futuro?
«I miei prossimi progetti saranno realizzare un nuovo disco con musiche inedite per due violini per l’etichetta “Tactus” e curarne parallelamente la pubblicazione. Entrambi i progetti saranno portati a termine con il prezioso sostegno della bravissima ed emergente violinista Sharon Tomaselli e del compositore Paolo Geminiani. Inoltre, riproporremo presto, in Italia e all’estero, il programma del concerto realizzato a New York lo scorso luglio».
Nicola Cattò