SHOSTAKOVICH Sinfonia n. 5 in re op. 47 Filarmonica della Scala, direttore Riccardo Chailly
Milano, Teatro degli Arcimboldi, 1° giugno 2015
Riccardo Chailly e la Filarmonica hanno riproposto al Teatro degli Arcimboldi, per il ciclo «Discovery», la Quinta di Shostakovich eseguita una decina di giorni prima al Teatro alla Scala. La formula del ciclo prevede una spiegazione del brano in programma, con esempi musicali dal vivo (in pratica una sorta di prova aperta), seguita dall’esecuzione vera e propria. Confermiamo le buone impressioni avute dal concerto scaligero del 18 maggio, con una Filarmonica precisa e reattiva e uno Chailly capace di dare un grande respiro drammatico ad una partitura in apparenza trionfale e solare, invece problematica nei suoi tratti grotteschi e nei suoi affondi lirici, come accade spesso per la musica di Shostakovich. Anzi, forse anche in virtù dell’acustica degli Arcimboldi, che restituisce alla platea un suono molto più nitido rispetto all’acustica della Scala, certi tratti risultavano meglio delineati (uno su tutti: il misterioso intervento dell’oboe nel terzo movimento) e migliore – maturazione naturale da un’esecuzione all’altra? – appariva anche la compattezza sonora.
Se le linee di fondo della lettura di Chailly sono rimaste ovviamente le stesse, alcuni gesti musicali, complici il clima più informale della serata e il pubblico più giovane degli Arcimboldi, risultavano accentuati, per esempio, nel quarto movimento, gli sberleffi sonori delle trombe e l’entrata, quasi un grido, dei violini primi. Anche il bis, sempre da Shostakovich (il Secondo valzer dalla Suite per orchestra di varietà, impropriamente detta Jazz Suite n. 2, usato da Kubrick nel film Eyes Wide Shut) tradiva un’ansia e una gioia di fare musica che se hanno portato ad una esecuzione un po’ sopra le righe hanno però contagiato la platea. Alla prova dei fatti la formula «Discovery» funziona, perché il pubblico arriva all’esecuzione dopo aver potuto gettare uno sguardo dietro le quinte della partitura. C’è da dire che Chailly, il quale solitamente è un conversatore brillante, in questa occasione è apparso un po’ stanco e sotto tono. Però quando coinvolgeva direttamente gli orchestrali per far sentire un dettaglio della partitura o il colore di certi passaggi, spiegando ai presenti in sala i numerosi sedimenti musicali, da Beethoven a Stravinski, presenti nella Quinta oppure mostrando come non si devono eseguire certi passi, la presentazione si è fatta interessante. A tratti sembrava una vera e propria prova orchestrale. E non c’è niente di meglio, per comprendere le intenzioni di un direttore, che poterlo vedere – cosa di solito vietatissima – mentre prova con l’orchestra.
Luca Segalla