VERDI Nabucco M. Volle, A. Smirnova, G. Zeppenfeld, V. Simeoni, B. Bernheim, S. Vorobyov, O. Kobiljak, A. Jeruc; Chor & Zusatzchor der Oper Zurich, Philarmonia Zurich,direttore Fabio Luisi regia Andreas Homoki scene Wolfgang Gussmann costumi Wolfgang Gussmann e Susana Mendoza luci Franck Evin
Zurigo, Opernhaus, 26 giugno 2019
Durante la parte iniziale della sinfonia assistiamo alla morte prematura della consorte di Nabucco, colta da malore durante una cerimonia pubblica, alla presenza delle giovanissime figlie Fenena e Abigaille. Poco dopo ci viene mostrato Nabucco con le due bambine, ora poco meno che adolescenti, improvvisamente investito da una fortissima emicrania: Fenena lo assiste e lo conforta amorevolmente, mentre Abigaille si disinteressa del padre e contempla tra le mani quella corona cui evidentemente ambisce più di ogni altra cosa. Il seguito conferma quanto la pantomima testé descritta faceva presagire: la messa in scena di Andreas Homoki ignora il conflitto etnico-religioso tra assiri ed ebrei e si concentra essenzialmente sul dramma famigliare di un Nabucco senescente e in declino, incalzato dal nuovo che avanza. In questo contesto Abigaille, nelle intenzioni del regista, assume il ruolo di paladina dell’ordine costituito, mentre Fenena asseconda, e a tratti perfino stimola, il cambiamento in atto. Alla circostanza che Abigaille sia figlia di schiavi non viene dato alcun rilievo. Il tutto ha luogo in un contesto scenico astratto e immutabile, dominato da un’enorme parallelepipedo di marmo verde che avanza, arretra, ruota a seconda delle necessità. I costumi sembrano collocare la vicenda all’epoca della composizione dell’opera, periodo di conflitti tra un’aristocrazia che tentava di recuperare spazio e una borghesia (qui incarnata dagli ebrei) che non voleva cedere il terreno conquistato: un conflitto che, secondo Homoki, è una sorta di parabola del progresso. Il Konzept, di per sé, non è privo di interesse, ma sconta una realizzazione non sempre convincente, causa una scena fin troppo astratta e monolitica e una direzione degli attori non sempre ispirata.
Fabio Luisi dirige con impeto ma senza clangori eccessivi, affidando la sua interpretazione più all’agogica che non alla dinamica. Particolare rilievo viene dato ai dettagli strumentali, restituiti con nettezza (ma non sempre con precisione) dall’orchestra. Grande interprete nel repertorio tedesco, specialmente wagneriano, Michael Volle difetta di un requisito fondamentale per essere un ugualmente rimarchevole interprete verdiano: quel modo vagamente enfatico di porgere la frase musicale e di scolpire la parola, che si suole definire “accento verdiano”. Pur tuttavia, anche in forza di una recitazione coinvolgente, e grazie anche alla linea interpretativa imposta dalla regia, Volle si rivela un Nabucco sofferente e toccante. Georg Zeppenfeld, pur non disponendo di una voce voluminosa (ma la piccola sala zurighese annulla sostanzialmente questo problema) può offrire a Zaccaria un’estensione ragguardevole, ciò che gli consente di superare brillantemente gli scogli vocali del ruolo. Sul piano interpretativo, non è chiaro come il personaggio – che perde la sua natura di guida morale e religiosa per assumere i panni assai meno carismatici del capopopolo – si inserisca nelle dinamiche del dramma famigliare di Nabucco. Anna Smirnova fa sapere, attraverso un annuncio, che canterà nonostante un’indisposizione. In realtà la sua vocalità, ad onta di comprensibili asprezze nel registro acuto, appare sufficientemente sicura per un ruolo decisamente ostico come quello di Abigaille; manca però di varietà a livello di fraseggio e quindi non esprime la complessità psicologica del personaggio. Veronica Simeoni è una Fenena di lusso, al pari dell’Ismaele di Benjamin Bernheim. Discreti i comprimari, ottimo il coro, preciso e compatto.
Paolo di Felice