RAVEL Pavane pour une infante défunte BARTÓK Il Mandarino meraviglioso, suite da concerto (1919) BERLIOZ Symphonie fantastique op. 14 Orchestre de Paris, direttore Esa-Pekka Salonen
Milano, Teatro alla Scala, 29 aprile 2022
Ritorno festoso per Salonen alla Scala, accolto da un tributo di applausi al solo apparire in sala, prima di attaccare, col consueto ultimo brusio, il pianissimo della Pavane pour une infante défunte. Dalla lettura tersa, limpida, soffusa, del cammeo raveliano, eseguito senza bacchetta con sobria gestualità, si ha la cifra interpretativa di tutta la serata: una nobiltà, distillata e lucida, di approccio ai tre brani proposti, differenziati tra di loro nei valori propri di scrittura, ma uniti per timbro orchestrale, ritmo e pulizia esecutiva.
Della suite dal Mandarino meraviglioso si è ammirata l’asprezza dell’incipit e il parossismo via più crescente sino al tagliente finale, quasi agognato e liberatorio. Nulla è andato perso, sia nei passi concitati che nei rari momenti distesi: ogni singola sezione orchestrale è risultata sempre in primo piano, sollecitata con scatto sobrio e profondo da Salonen, in una esecuzione che lascia attoniti per chiarezza di risultato.
La Pavane stessa è stata ripulita di qualsivoglia tenerezza e languore, riuscendo quasi rinascimentale nel suo scandito rigore ritmico, senza alcuna nostalgia di tempi remoti e trasporti primo novecenteschi: tutto risuona come deve essere, in un rigore algebrico che non sarebbe dispiaciuto a Ravel.
Inutile attendersi, quindi, un cambio di registro nella seconda parte. La Symphonie fantastique abbandona le passioni romantiche e l’esaltazione orgiastica cui è abituale riferirsi, riuscendo prossima, invece, alla descrizione di avventure da scavezzacollo delle quali varia letteratura settecentesca ha dato ampie e ironiche prove. L’artista Berlioz raffiguratosi nel suo capolavoro è così trattato come un giovane rampollo di buona famiglia, scapestrato, dagli amori un po’ troppo esaltati e dalle infatuazioni senza tregua, rapito in fantasticherie oniriche festaiole delle quali neppure lui comprende se reali o meno. Al termine del suo tumultuoso viaggio, torna a sedersi alla tavola dei probi genitori che con indulgenza lo riammettono in casa. Deliri adolescenziali compresi e accettati con bonomia come spesso accade con i figlioli irrequieti.
L’Orchestre de Paris segue Salonen con invidiabile capacità di cogliere la necessità di nitore espressivo richiesti. Morbidi i legni quando occorre, aspri e tesi in altri momenti, impeccabili gli ottoni, messi alla prova in tutti e tre i brani proposti, agili i legni, di elegante pulizia ed estremamente misurate le percussioni.
Salonen regala una lezione di direzione al folto pubblico, con un gesto sobrio, rigoroso, puntuale, mai eccessivo o appariscente se non in rarissimi momenti. E regalo maggiore i due bis, da Ravel e Wagner, che permettono agli spettatori di omaggiarlo con numerose chiamate, sino a dover uscire, a orchestra ormai del tutto ritiratasi, per ringraziare ancora due volte quanti, in sala, lo acclamano senza sosta.
Prossimo appuntamento, per il ciclo delle orchestre ospiti, con Daniel Barenboim e la sua Divan Orchestra.
Emanuele Amoroso