MOZART Serenata n. 12 in do minore K 388 “Nachtmusik” REINECKE Ottetto in si bemolle maggiore op. 216 GOUNOD Petite Symphonie per fiati flauto Silvia Bellio oboi Hernan Garreffa, Francesco Parisi clarinetti Luca Sartori, Mariano Lucci fagotti Mauro Russo, Giuseppe Settembrino corni Ricardo Serrano, Salvatore Acierno.
Napoli, Teatro di San Carlo, 27 febbraio 2022
L’appuntamento mensile della stagione da camera del Teatro di San Carlo ha proposto un ensemble di fiati, formato da Silvia Bellio (Flauto), Hernan Garreffa, Francesco Parisi (Oboi), Luca Sartori, Mariano Lucci (Clarinetti), Mauro Russo, Giuseppe Settembrino (Fagotti), Ricardo Serrano, Salvatore Acierno (Corni), tutti componenti dell’orchestra del Massimo napoletano.
In programma c’erano la Serenata n. 12 in do minore K 388 “Nachtmusik” di Wolfgang Amadeus Mozart, l’Ottetto in si bemolle maggiore op. 216 di Carl Reinecke e la Petite Symphonie per fiati di Charles Gounod.
La Serenata mozartiana fu composta in un periodo in cui la musica di intrattenimento diurna era di solito chiamata “divertimento”, mentre la corrispondente forma notturna portava l’etichetta di “serenata”. Mozart chiama questo lavoro “Nacht Musique”, con un’insolita miscela di tedesco e francese, forse per segnalare che non si tratta di musica di intrattenimento. Mentre infatti nella forma è una “sinfonia per ottetto di fiati”, nella sostanza si tratta di un brano austero, misterioso, di carattere oscuro e problematico.
Mozart teneva in grande considerazione questa composizione, poiché la riutilizzò in due opere successive. La trascrisse nel Quintetto d’archi K 406, e poi prese in prestito la melodia principale del secondo movimento per il Così fan tutte. Qualunque fosse il mistero che Mozart voleva esplorare con questo lavoro, il finale della Serenata, in do maggiore, sembra schiudere uno spiraglio di ottimismo.
Quanto a Reinecke, è un musicista tardo romantico che passa per essere conservatore: il fatto che all’epoca la musica da camera per una formazione di fiati era in gran parte trascurata dai compositori, dà maggior risalto a questo ottetto di squisita fattura, in cui l’abilità di Reinecke nell’orchestrazione produce una sonorità allo stesso tempo ricca, elegante e meravigliosamente equilibrata.
Il linguaggio armonico, sebbene resti tradizionale, non è arido, ma piuttosto amabile; e in realtà, i momenti in cui l’armonia inizia a farsi interessante e promette di esplorare nuovi territori, sono di breve durata e presto si ritorna ad un ambiente più rassicurante, come il bellissimo movimento lento.
Il terzo brano in programma era di Charles Gounod, che tornò alla sinfonia dopo trent’anni di silenzio in questo genere: la prima e la seconda sinfonia furono infatti eseguite rispettivamente nel 1855 e nel 1856. Ma questa volta, (il lavoro fu presentato nel 1885 dal suo dedicatario, il flautista Paul Taffanel) il compositore francese ha una visione opposta rispetto a ciò che aveva fatto in precedenza, e opta per un organico ridotto a nove strumentisti: in pratica, all’ottetto per fiati mozartiano, Gounod aggiunge un flauto.
Con un tono generale di conversazione elegante, l’opera presenta una Introduzione lenta completata da un Allegretto vivace, e un Andante cantabile con una limpida aria “operistica” per il flauto, ripresa poi dall’oboe e dal clarinetto. Nello Scherzo e nel Finale Allegretto le idee musicali sono mirabili sia per il fascino che per le modalità di distribuzione tra i musicisti.
Si tratta di musica da camera al più alto livello: le tre composizioni presentano parti solistiche che danno la possibilità agli esecutori di esprimere la loro maestria. Nel concerto del San Carlo i musicisti hanno mostrato grande affiatamento ed equilibrio, calibrando con precisione ogni passaggio e riuscendo a rendere precisamente ogni gradazione dei colori presenti in partitura: su tutti, il flauto di Silvia Bellio è apparso perfetto e molto ispirato. L’ensemble ha mostrato passione e intelligenza nell’esecuzione, una bella vena melodica e ritmica, dando anche quell’idea di procedere con convinzione verso una meta comune che piace tanto agli ascoltatori.
Lorenzo Fiorito