VIVALDI Gloria in RE RV 589 HÄNDEL Dixit Dominus in sol HWV 232 soprani Carlotta Colombo, Caterina Iora, Marta Redaelli mezzosoprano Marta Fumagalli tenore Raffaele Giordani basso Marco Saccardin Coro e Orchestra Ghislieri, direttore Giulio Prandi
Varese, Basilica di San Vittore, 5 dicembre 2023
Per l’appuntamento prenatalizio della propria raffinata stagione musicale, Varese ha sfoderato una carta di sicuro successo: due capolavori assoluti della musica sacra del primo ‘700 (quasi coevi: del 1707 il Dixit Dominus di Händel, del 1716, secondo gli ultimi studi, il Gloria di Vivaldi) e due complessi, il Coro e l’Orchestra del Ghislieri, che negli ultimi 10-15 anni hanno prodotto una serie di entusiasmanti incisioni discografiche e concerti dedicati proprio a questo repertorio (ne abbiamo parlato spesso su MUSICA con Giulio Prandi, anche in occasione della vittoria agli ICMA 2022 con la Petite Messe rossiniana). E le alte aspettative non sono andate deluse, anzi. Adattatisi in fretta alla peculiare acustica della basilica di Varese, che è sembrata in questa occasione uno spazio ideale per fare musica, il Gloria vivaldiano ha subito esaltato le carte vincenti di questi musicisti, non solo virtualmente perfetti per intonazione e qualità di suono, ma soprattutto intensamente “italiani” nello stile, con questo aggettivo intendendo la presenza di una cantabilità morbida e luminosa, anche nel più ripiegato degli Adagi, e di una naturale consonanza estetica tra parola e musica. Il perfetto equilibrio delle sezioni, i madrigalismi mai messi in vetrina in modo insistente, la ricchezza dinamica: pochi cori oggi possono vantare tale eccellenza.
Il soprano Carlotta Colombo, poi, si conferma una delle voci di riferimento nella musica del Sei-Settecento: il dialogo con l’oboe morbidamente ombreggiato di Paolo Grazzi nell’aria “Domine Deus” ne metteva in mostra il timbro morbido, luminoso, la dizione chiarissima e una sobrietà espressiva da prendere a modello. Ma anche il mezzosoprano Marta Fumagalli, pur lievemente svantaggiata da tessiture troppo basse per lei, era di livello simile per efficacia espressiva e purezza della linea di canto. Dopo una fuga finale (“Cum Sancto Spiritu”) equilibrata, severa eppure intimamente commossa, si passava alla pagina händeliana, di cui Prandi e i suoi musicisti benissimo sottolineavano la diversa natura stilistica: più rigorosa, più impregnata di barocco romano e sapienza contrappuntistica tedesca, senza rinunciare a effetti espressivi fortemente teatrali (“in die irae suae”). Un concerto, insomma, davvero splendido, coronato dalla proposta, come bis, dell’incipit del Dixit in sol minore di Galuppi, dove l’eredità vivaldiana si ammanta di sfumature galanti: un altro gioiello che Prandi e il Ghislieri ci hanno già fatto conoscere in un’incisione di riferimento.
Nicola Cattò