Dal 19 luglio al 10 agosto va in scena il Macerata Opera Festival (www.sferisterio.it), dall’anno scorso affidato alla direzione artistica di Barbara Minghetti: tre opere in scena e un ricchissimo cartellone di eventi collaterali, rivolti a pubblici molto diversi fra loro, con l’obiettivo di legare la proposta culturale al territorio con un occhio alla contemporaneità. Ma è la stessa Barbara Minghetti a parlarcene.
Il tema di Macerata 2019 è #rossodesiderio: rosso come sangue, passione, o altro ancora?
Siamo partiti nel 2018 con un altro colore, #verdesperanza, legato alla mia scoperta di un territorio appena dopo il terremoto, alla sua bellezza naturale e alla voglia di dare un segno di rinascita; e le tre opere (Flauto magico, Elisir, Traviata) in modo diverso parlavano appunto di questo tema. Il rosso invece è un colore ambivalente, che ha in sé una connotazione sanguigna, violenta, passionale, sessuale, fisica e che, nelle tre produzioni, è legato alla gelosia (Carmen), al possesso (Rigoletto) e al potere (Macbeth); ma il rosso parla anche di vita, di amore, di sentimenti positivi, perché Gilda ha desiderio d’amore, Carmen di libertà. Vero è che di “sangue versato” sullo Sferisterio ce ne sarà tanto: ma grazie ad un nostro partner istituzionale, l’Avis, ridoneremo idealmente quel sangue che verrà sparso sul palcoscenico!
Stiamo poi ampliando tutte le iniziative collaterali alle tre opere: abbiamo cambiato il concept della Notte dell’Opera, creando un concorso che ha portato a 10 progetti, tutti molto interessanti, e ci saranno dieci palcoscenici per la città.
Tre opere, tre registi italiani e tre direttori italiani: non credo sia un caso…
Io tengo moltissimo all’idea di un festival internazionale ma che abbia una grossa ricaduta sul territorio, con progetti partecipativi in città: e in questo senso è andata l’apertura dell’anno scorso, con il Flauto magico di Graham Vick, che pur tante polemiche ha suscitato, ma che ha coinvolto i 100 cittadini di Macerata, che ora sono una realtà consolidata che funge quasi da “ambasciatori dell’opera”; quest’anno avremmo Sollima con i 100cellos. Da una parte coproduzioni, artisti internazionali, pubblico internazionale (il che vuol dire partecipazione a fiere, a eventi di promozione del territorio); dall’altra l’esigenza che il territorio senta il festival come qualcosa di proprio. In questo senso sto portando avanti il lavoro di Francesco Micheli, cui mi sento molto affine nell’esigenza di rendere più attuale il teatro d’opera. Come dice qualcuno, un festival funziona se è piccolo, in un luogo scomodo e sentito dalla comunità: e Macerata ha tutti i requisiti. Tornando alla domanda, per Carmen volevo lavorare con Jacopo Spirei e dare un taglio fortemente da opéra-comique (ci sarà moltissima danza, di vario genere, fra cui una sorpresa…); il Rigoletto di Grazzini è una ripresa, mentre per il Macbeth Emma Dante, pur trattandosi di una coproduzione, ci sono state tantissime modifiche per adattare l’allestimento al particolare spazio dello Sferisterio. Direttori e registi italiani, ma anche tanti cantanti stranieri: un giusto equilibrio quindi, anche considerando che i tre direttori (Lanzillotta, Bisanti e Ciampa) sono della stessa generazione.
Cosa ha voluto cambiare rispetto al periodo di direzione di Francesco Micheli, una volta arrivata a Macerata?
Quando mi hanno proposto questo ruolo, ero un po’ perplessa, proprio perché il Festival aveva già intrapreso la strada giusta con Francesco, la stessa che avrei seguito anch’io: è stato lo stesso Micheli a convincermi, alla fine. Ho cercato di portare il contributo di un mondo che mi appartiene molto, quello dell’educational, con la convinzione che Macerata deve vivere anche durante il resto dell’anno, non solo nelle settimane del festival: abbiamo organizzato quindi piccole produzioni, attività dirette a varie fasce d’età, come un Triboletto per le famiglie che doveva portare al Rigoletto estivo. Credo molto nella cifra della partecipazione. Francesco ha ideato la Notte dell’Opera, bellissimo progetto: noi abbiamo fatto un passo ulteriore, quello del coinvolgimento attivo dei cittadini, che quest’anno si legherà al citato progetto dei 100cellos. In più, mi piace molto la multidisciplinarietà e l’utilizzo innovativo degli spazi: in tal senso lo Sferisterio è una “casa” meravigliosa, che ospita delle feste sul palcoscenico (che consentono al pubblico una visuale diversa). Dopo Macbeth avremo un dj set dedicato alle streghe, dopo il Rigoletto, che è ambientato in un luna park, facciamo uno spettacolo legato al circo, e dopo la Carmen balleremo la milonga fino a notte tarda. In più, due spettacoli con il pubblico sul palco, con Sergio Rubini che rilegge il Macbeth, tra parole e musica, e l’Orchestra di Piazza Vittorio che rileggerà Carmen. In più, incontri trasversali di letteratura e filosofia legati al tema #rossodesiderio; abbiamo come nostro testimonial l’astronauta Paolo Nespoli, che a 50 anni dall’allunaggio ci parlerà del desiderio di andare lontano; facciamo iniziative per bambini legate alle tre opere, portiamo nelle zone terremotate uno spettacolo dal titolo Carmencita. E poi faremo un concerto all’alba sulla terrazza dello Sferisterio, il luogo più magico di Macerata.
Questi sei titoli operistici scelti fra il 2018 e il 2019 appartengono al grande repertorio: ci sarà spazio in futuro per titoli più di nicchia?
È un argomento di cui dibattiamo spesso in consiglio. Come sa, l’architettura economica di teatri e festival non è semplice, e il teatro ha ben 2400 posti da riempire, il che ci obbliga a tenere d’occhio con molta attenzione il botteghino: al Festival di Orange — con cui sono in contatto per possibili coproduzioni — si concedono scelte più raffinate, ma solo dopo tanti di anni di consolidamento. Non possiamo, insomma, ragionare come Pesaro o Martina Franca, che hanno tutt’altra storia, ma applicare lo stesso ragionamento che vige anche in un teatro che ovviamente conosco bene come quello di Como: io soffro, vedendo quanta poca musica contemporanea si faccia, ma è inevitabile. Ma dall’anno scorso a Macerata abbiamo lanciato un concorso di teatro musicale — che può essere un’opera, un’installazione con musica, un balletto, un gesto — che l’anno scorso è stato vinto da un ragazzo di Berlino con uno spettacolo sorprendente, messo in scena al Lauro Rossi: questa è la parte che, pian pianino, potrebbe portare ad un ampliamento del repertorio. Quest’anno ha vinto un collettivo di videomaker, ballerini e compositori: siamo curiosi di vedere cosa succederà!
Da dove viene il pubblico dello Sferisterio?
La maggior parte dall’Italia, ma sta crescendo la componente straniera: a Macerata c’è il problema di non essere vicino al mare e, soprattutto, quello dell’assenza di strutture ricettive adeguate, specie per i gruppi.
Come concilia l’impegno fra Parma, Como e Macerata?
A Parma da due anni mi limito all’organizzazione di Verdi Off, un progetto che completa il Festival principale; a Como seguo soprattutto, non essendo più presidente, la programmazione dei progetti speciali, e quindi posso riservare la maggior parte del mio tempo a Macerata.
Ha mai pensato che sia più difficile per una donna?
Non ho mai creduto alle differenze di genere: ho anche due figli, ormai grandi, e si è sempre di corsa. Diciamo che ho imparato a godermi le distanze e i viaggi in treno che esse comportano!
Nicola Cattò