WAGNER Eine Faust-Ouvertüre, WWV 59; Preludio e Morte di Isotta da Tristan und Isolde STRAUSS Der Rosenkavalier, Suite TrV 227 d; Till Eulenspiegels lustige Streiche TrV 171 Orchestra Sinfonica di Milano, direttore Emmanuel Tjeknavorian
Milano, Auditorium di Milano 18 febbraio 2024
Nel teporoso pomeriggio domenicale di un febbraio che ormai declina verso la primavera, l’Auditorium in largo Mahler ha offerto una sorta di secondo concerto inaugurale al quale il pubblico è concorso col consueto affetto dimostrato alla formazione milanese. L’entusiasmo è dato dal primo appuntamento con Emmanuel Tjeknavorian quale nuovo direttore musicale, carico di aspettative anche per il programma ricco e complesso. Amore in musica è il titolo dato ai due appuntamenti, di venerdì e domenica (con un’anteprima varesina il giovedì sera), e tale ne è anche la dimostrazione di Tjeknavorian verso gli ascoltatori, ringraziati con saluto breve ma denso di umanità nel libretto di sala. Colpisce soprattutto la volontà di creare una sinergia in questo viaggio esplorativo che è ogni concerto, sinergia tra le note espresse dai musicisti e le emozioni suscitate negli ascoltatori attraversati dalle onde sonore e da queste trasformati. Non solo quindi atto di ascolto, ma vero e proprio incontro dal quale far scaturire una elevazione verso altro.
La Faust-Ouvertüre è pagina poco frequentata del repertorio wagneriano, una sorta di laboratorio d’idee, dove i temi e i timbri verranno man mano ampliati nelle successive opere. Vi si colgono accenni all’Olandese volante, ma anche sonorità metalliche più affini al Crepuscolo degli Dei, con l’intersecarsi dei temi in chiave psicologica a descrivere più uno stato d’animo che qualcosa di reale e palpabile. Asciutta l’esecuzione, tutta giocata sull’equilibrare le varie sezioni senza perdere il filo narrativo e mantenendo alta la tensione. Il timbro orchestrale è sforzato verso lo scuro, il brunito, con rari sprazzi di serenità e lucentezza.
Più floreale, si direbbe in un clima sospeso, quasi liberty, l’esecuzione del notissimo Preludio e Morte di Isotta e maggiore lo sforzo di conciliare la struttura delle pagine, l’equilibrio delle parti e le sonorità orchestrali in quell’aggrovigliarsi tematico dove nulla è liberatorio, ma sospinge verso un apice che è già sconfitta. Se la geometria è salva, la passione e l’angoscia saranno successive tappe da raggiungere, ed in questo l’età dell’interprete gioca a suo e nostro favore, avendo la possibilità di seguire un percorso che nasce già maturo e del quale ci si auspica di poter goderne il cammino di scavo e scoperta.
Le due pagine straussiane sono state il vertice esecutivo, tali da venire accolte con applausi appassionati e riconoscenti durati lunghi minuti. La suite dal Rosenkavalier permette di godere in breve dei temi sui quali la sapienza compositiva di Strauss ha saputo costruire il suo capolavoro, variandoli, ampliandoli, suddividendoli e facendoli emergere in modo improvviso ed inatteso lungo tutta la partitura. Una sorta di compendio che ci immerge in una ventina di minuti non solo nella glorificazione della Finis Austriae, ma anche nella lussureggiante fantasia tematica di Richard Strauss. A questa si accosta, nell’ultimo brano in programma, l’abilità d’orchestrazione che offre agli ascoltatori una delle pagine più complesse e virtuosistiche scritte dal musicista tedesco, quel Till Eulenspiegels lustige Streiche che Tjeknavorian affronta con la stessa baldanza del personaggio messo in musica. Un rigore ritmico di analitica precisione si accompagna al piacere di immergersi nelle onde sonore e nel rincorrersi dei temi e degli stati d’animo, con un padroneggiare della partitura non solo dal punto di vista tecnico, ma anche interpretativo, che ha coinvolto il pubblico tanto da meritare l’esplosione di applausi sia al direttore che a tutta l’orchestra, chiamata a riceverli e a sua volta, ritmando gli applausi, in una sorta di festa inaugurale che ha reso grazie delle emozioni godute. Orchestra della quale non si possono che ribadire le lodi sia per l’eccellenza delle singole parti (e per i loro interventi solistici), sia per la brillantezza e precisione delle sezioni, con una menzione speciale per gli ottoni esposti in tutti i brani programmati, e per la compattezza del tutti, nonché per aver saputo rispondere alle richieste e sollecitazioni del direttore, in alcuni casi al limite delle potenzialità espresse. Un viaggio, questo di Tjeknavorian che dal suo incipit regala entusiasmo e gioia di fare musica, ed è quanto orchestra e pubblico desiderano seguire nei prossimi anni.
Emanuele Amoroso