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PONCHIELLI La Gioconda V. Dzhioeva, S. Beltrami, A. Gazale, M. Berti, A. Rosalen, A. Smimmero; Coro e Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, direttore Fabio Mastrangelo regia e scene Filippo Tonon costumi Filippo Tonon e Carla Galleri luci Fiammetta Baldiserri coreografia Valerio Longo
Cagliari, Teatro Comunale, 7 febbraio 2025
Il primo e significativo elemento da sottolineare è che il più celebre capolavoro di Amilcare Ponchielli, La Gioconda, è tornato in scena a Cagliari dopo 69 anni di assenza: l’ultima rappresentazione nel capoluogo sardo risaliva infatti all’agosto 1956 all’Anfiteatro Romano. Il secondo è che l’opera del compositore cremonese è il quarto titolo del cartellone 2024-25 del Teatro Lirico di Cagliari: una scelta assolutamente non banale e nel segno di una produzione italianissima. La genesi dell’opera, a suo tempo, era stata ben complicata, con anni di lavoro su una trama tratta dal dramma Angelo, tyran de Padoue di Victor Hugo, adattata in quattro atti da Arrigo Boito (che aveva firmato il libretto con lo pseudonimo di Tobia Gorrio). Molte erano state, infatti, le discussioni talvolta accese tra compositore e librettista, amici si, ma così in contrasto dal punto di vista drammaturgico da richiedere la conciliazione dell’editore Ricordi.
Il risultato di tanto lavoro ci perviene oggi nei cinque rimaneggiamenti che dal 1876 al 1880 hanno portato alla versione definitiva di questo sorprendente romanzo d’appendice ambientato nella Venezia del Seicento, un feuilleton che si conclude prevedibilmente con il sacrificio finale della protagonista.
L’opera di Ponchielli arriva al Teatro Lirico di Cagliari con il particolare allestimento proposto dall’Arena di Verona in coproduzione con il Teatro Nazionale Sloveno di Maribor e l’As.Li.Co (e attualmente di proprietà del Teatro cagliaritano). Il regista Filippo Tolon ha firmato anche le scene e, con Carla Galleri, i costumi. Il contenitore scenico ideato da Tolon era essenziale in tutti quattro gli atti, ma coerente e ben organizzato, con le luci di sicuro impatto di Fiammetta Baldiserri: una Venezia molto vivida, dalle mura in rovina, ma trasportata ai tempi del debutto dell’opera, con una progettazione quasi calligrafica dei costumi di scena. Uno spettacolo armonico anche nelle indispensabili azioni del coro, dei figuranti e del Balletto di Roma, impegnato nell’esuberante “Furlana” e nell’intramontabile e luminosissima “Danza delle Ore”, con le coreografie molto moderne di Valerio Longo.
Lo spettacolo si apre con la vivace scena di massa in cui il popolo attende che il Doge dia il via alla regata. Da qui si snoda l’atmosfera torbidamente romantica che percorre tutti i personaggi principali a iniziare dal vero protagonista dell’opera, ovvero il Barnaba del sassarese Alberto Gazale, che interpreta il ruolo del delatore in modo scapigliato e dinamico, privo di ogni inflessione da Grand Guignol. Il direttore Fabio Mastrangelo esalta le sonorità piene ma senza eccessi del grand-opéra in salsa lombarda di Ponchielli, guidando con autorevolezza e buonsenso l’Orchestra e il Coro, amministrato come sempre da Giovanni Andreoli.
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La Gioconda di Veronicka Dzhioeva è una presenza potente e intensa, prodiga di sfumature nel “Enzo adorato! Ah! come t’amo!”, capace di offrire inflessioni patetiche nel primo atto, gelosia possessiva nel secondo, tragicità dolente nell’ultima parte dell’opera, con grande varietà di dinamica e di colori nel fraseggio. Ben centrato il duetto con Silvia Beltrami, mezzosoprano di intensa presenza scenica e forza comunicativa, che ha affrontato il ruolo di Laura con un peso specifico vocale pieno e definito e ha tratteggiato la romanza “Stella del marinar” con sicurezza. Ampiezza sonora e timbrica squillante, senza mai strafare, per il coscritto e nobile Enzo Grimaldo di Marco Berti, eroico nel primo atto quando tenta di salvare la Cieca e nel finale del secondo quando spinge i suoi marinai a incendiare il vascello, ma espressivo e sospiroso in “Cielo e mar”. Ben equilibrati e drammatici gli interventi di Agostina Smimmero. un contralto d’eccezione che dà al personaggio della Cieca una voce scura e densa, e Abramo Rosalen, un Alvise torvo e granitico. Efficaci ed espressive le parti di fianco. Al termine, molti applausi a tutti i protagonisti e un caloroso saluto riservato a Giuseppe Andreozzi, scomparso nei giorni scorsi e già presidente della Fondazione del Teatro cagliaritano.