VIVALDI Juditha triumphans Ann Hallenberg, Vivica Genaux, Giorgia Rotolo, Rui Hoshina, Francesca Ascioti; Accademia Barocca di Santa Cecilia, Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, direttore Federico Maria Sardelli
Roma, Parco della Musica, Sala Santa Cecilia, 24 novembre 2021
Inizialmente prevista alla Sala Petrassi, l’attesa esecuzione della Juditha triumphans di Antonio Vivaldi (già in cartellone lo scorso anno e poi annullata per il lockdown) è stata trasferita in gran fretta alla Sala Santa Cecilia, sia per motivi concernenti la dislocazione del coro, sia per le richieste di posti di un pubblico che (in verità non esente da qualche confusione e protesta) colmava quasi del tutto il maggior spazio del Parco della Musica. Ben a ragione, ché – come già qui avemmo l’occasione di scrivere (MUSICA 312) – il Sacrum militare oratorium di Vivaldi è uno dei suoi massimi capolavori. E ciò che ne è stato qui udito l’ha pienamente confermato. Federico Maria Sardelli, alla testa non del suo complesso Modo Antiquo, ma dell’ottima Accademia Barocca di Santa Cecilia, ha letto la grande partitura del Prete rosso sottolineandone in specie le componenti di venustà strumentale e di suadenza erotica: a differenza di Diego Fasolis, che ne accentuava in modo teatralissimo la spettacolarità o di Jordi Savall, che ne esibiva la nobile, quasi araldica compostezza pittorica. E certo a differenza della prima edizione che ai concerti ceciliani avemmo occasione d’ascoltare, nell’ottobre del 1978 con un Gianandrea Gavazzeni raggelato in quello che allora si credeva esser lo “stile antico” (tempi metronomici, nessuna espressione, sonorità sinfoniche), ma con voci superbe quali erano Ruza Baldani come Giuditta, Nadine Denize come Vagaus e soprattutto Viorica Cortez come fremente Holofernes. Sardelli trattiene i tempi, lascia spazi incantati onde assaporare le preziosità dei timbri rari e il languore sensuale delle invenzioni melodiche, apre nelle penombre squarci di luce ora morbida ora livida. Benissimo coadiuvato dall’Accademia Barocca di Santa Cecilia, che forse non avrà lo scatto invasato d’altri odierni complessi specialistici, ma esibisce colori e solisti di pregio assoluto: fra questi senz’altro Valerio Losito, ad una viola d’amore “Ferdinando Gagliano, Napoli 1775”, Ugo Galasso allo chalumeau, Simone Vallerotonda alla tiorba e al mandolino, nonché il gruppo addetto alle cinque “viole all’inglese” e Andrea Coen all’organo e al clavicembalo. Fra le cantanti daremmo la palma ad una Vivica Genaux (finora sempre Vagaus, anche in disco), che ha dato a Holofernes tratti di protervia e rapacità di rado uditi così intensi e timbrati.
Ann Hallenberg è stata una Judith benissimo accordata agli intenti di Sardelli: mostrandosi eccellente soprattutto nell’appeal amoroso e nell’eleganza delle sue arie con strumento obbligato, che hanno suscitato numerosi applausi a scena aperta. Una qualche fragilità nei centri (forse un non perfetto immascheramento, forse lei è un soprano corto e non un contralto), hanno reso più debole il versante drammatico e risolto troppo nel parlato il racconto della decapitazione. Alla giovanissima Giorgia Rotolo spettava l’impegnativo ruolo di Vagaus e una serie di arie d’impervia difficoltà quasi tutte risolte con notevole decoro, fatto forse salvo il celebre “Armatae face et anguibus”, vero sesto grado della vocalità barocca, per cui trovar un confronto con Cecilia Bartoli e prima di lei con Teresa Berganza è forse impossibile. In difetto d’un timbro gradevole, la giapponese Rui Hoshina ha saputo dare molta correttezza di canto alla sua Abra, mentre Francesca Ascioti (allieva della Genaux) ha conferito ad Ozias una notevole ricchezza strumentale, ma anche una vocalizzazione appena scolastica. Inappuntabili le due soliste Sara Fiorentini e Marta Vulpi, così come il Coro stesso, calibrato in stile e qualità sonora come non è stato facile udire in tempi recenti. Successo straordinario, con chiamate e acclamazioni già al primo atto e poi interminabili alla fine.
Maurizio Modugno
Foto: ©Accademia Nazionale di Santa Cecilia / Musacchio, Ianniello & Pasqualini