BEETHOVEN Concerto per pianoforte e orchestra in do minore n. 3 op. 37 SCHUBERT Sinfonia n. 3 in Re maggiore D 200 pianoforte Beatrice Rana European Union Youth Orchestra, direttore Gianandrea Noseda
Stresa, Palazzo dei Congressi, 20 agosto 2020
Anche quello di Stresa è fra i molti, benemeriti festival italiani che hanno deciso di non alzare bandiera bianca in questo sventurato 2020 (grazie anche alla conferma dei contributi pubblici e, in buona parte, privati), rimodulando costantemente il programma a seconda del mutare delle disposizioni ministeriali e presentando, infine, un cartellone ricco e ambizioso, che ha nell’integrale delle Sonate di Beethoven e in quattro Concerti (quello per violino e gli ultimi tre per pianoforte) il nucleo centrale. E sul numero di ottobre di MUSICA daremo ampio conto di questi cicli. Ma intanto ieri sera c’è stata un’inaugurazione davvero scintillante, con la presenza del direttore musicale Gianandrea Noseda sul podio di una European Union Youth Orchestra ristretta, per motivi pratici facilmente intuibili, ai suoi soli membri italiani (con qualche aggiunta da Malta) e costituita da un bellissimo mix di giovanissimi e musicisti già affermati in grandi orchestre europee (dai Berliner Philharmoniker — la spalla — a Santa Cecilia): un organico ristretto (12 violini in tutto, per intenderci) ma che era ideale sia per la sala del Palazzo dei Congressi, la cui acustica è stata migliorata da una nuova camera armonica — ma i legni ancora patiscono un po’ –, sia per il programma scelto, con quel Terzo concerto di Beethoven in bilico tra echi del passato e anticipazioni dello stile ultimo del compositore di Bonn, e con quella Terza sinfonia del giovane Schubert tutta imbevuta di echi haydniani e rossiniani.
Protagonista del Concerto beethoveniano era Beatrice Rana: senza esagerare, si è resa protagonista di una lettura memorabile. Quello che colpisce, nella 27enne pugliese, è il perfetto equilibrio fra freschezza giovanile e maturità, il senso innato dello stile cui la tecnica immacolata permette di dispiegarsi compiutamente. Nulla va sprecato, in questo Beethoven: anche una semplice formula di accompagnamento in terzine sa acquistare senso nel dialogo con l’orchestra, mentre la purezza del canto non si tinge mai di inopportune deviazioni sentimentalistiche; anzi, il gioco del rubato nel movimento centrale è di una raffinatezza degna dei maggiori confronti. Inutile quasi dire, quindi, che la grande cadenza del primo tempo (quella di Beethoven, ça va sans dire) e le due brevi negli altri movimenti non siano momenti di esibizione, ma una sorta di distillazione emotiva del discorso, subito ripreso con l’orchestra: particolarmente sfolgorante, in questo senso, il Rondò finale, dove ogni riproposizione del tema aveva un colore diverso, che sembrava (sembrava!) inventato lì per lì, in un botta e risposta con gli altri musicisti davvero entusiasmante. Noseda, sul podio, legava il tutto con esperienza e intelligenza, con un’intensità e un’asciuttezza che davvero rendevano giustizia ad un Beethoven virile e austero: e, al di là di qualche veniale sbavatura, l’orchestra era eccezionale (grazie, ripeto, ad una spalla davvero di grande qualità) nel dialogo con la Rana, con degli “appiombi” immacolati. Per rimanere nell’ambito del do minore, la pianista pugliese ha scelto come bis il Notturno n. 13 (op. 48 n. 1) di Chopin, eseguito ancora una volta con eleganza e bruciante intensità.
Non di pari livello, ma sicuramente molto apprezzabile è stata l’esecuzione della Terza sinfonia di Schubert: Noseda, che la affrontava per la prima volta, vi ha impresso un carattere scopertamente vitalistico, evidente nei movimenti esterni, forse calcando un po’ troppo la mano sugli sforzati del finale, ma lasciando mano libera all’entusiasmo giovanile dell’orchestra, cui certo non si poteva chiedere di rievocare profumi e accenti viennesi nel Minuetto, peraltro così singolare. Un grande successo, come meritava il livello della serata, coronato da un altro bis in Re maggiore: la Sinfonia delle Nozze di Figaro, letta come un turbine inesausto e formicolante.
Nicola Cattò
(Foto: Lorenzo Di Nozzi / Stresa Festival)