SIBELIUS Concerto per violino e orchestra in re minore op. 47 BERLIOZ Sinfonia fantastica op. 14 violino Hilary Hahn Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, direttore Fabio Luisi
Torino, Auditorium Rai Arturo Toscanini, 21 ottobre 2021.
“I concerti d’autunno” 2021 dell’Orchestra Sinfonica della Rai prendono il via sulle note del celebre e celebrato Concerto per violino di Sibelius, composto nei primi anni del Novecento, affidato questa volta (dopo cinque anni di assenza dal palcoscenico di via Rossini) a un’artista la cui presenza non è certo frequente presso le sale della Penisola e che si è affermata molto presto come una delle stelle più fulgide dell’attuale panorama violinistico internazionale. Ci riferiamo naturalmente alla quarantenne statunitense Hilary Hahn, che ha eseguito il capolavoro del compositore finlandese sotto la guida di Fabio Luisi, che della OSN Rai è direttore emerito. Il pubblico, tornato al 100% anche nell’auditorium Toscanini, era in autentico giubilo, non soltanto per lo star system presente sul palco, ma anche per la resa effettiva (complessivamente di pregio, indubbiamente) tanto del concerto di Sibelius quanto di ciò che riservava la seconda parte della serata, vale a dire la berlioziana Sinfonia Fantastica.
La personalità della Hahn sul palco è strabordante, secondo modalità che per certi versi riportano, in ambito diverso e se vogliamo in forme più sobrie, all’assertiva immagine della trentaquattrenne pianista cinese Yuja Wang. Talento, esperienza, facilità, consapevolezza di ciò che accade in ogni momento del concerto e forse persino in ogni sezione degli strumenti d’orchestra, in una parola capacità di cogliere il concerto di Sibelius nella grande varietà di situazioni che lo caratterizza: questo e altro la Hahn trasmette con invidiabile immediatezza. E suona benissimo naturalmente, con grande naturalezza e musicalità benché la corposità, il peso specifico del suo suono (ciò che nei due bis bachiani si è avvertito un pochino di più, benché siamo al corrente che alcune sue incisioni bachiane rappresentino ormai un riferimento per molti) non sia pari ad altri artisti meno quotati, meno riveriti, meno “stellari”. A onor del vero ancor più ci ha convinto Luisi, talentuoso e preparato direttore dalla carriera prestigiosissima all’estero (ulteriore esempio di come noi italiani da decenni esportiamo indifferentemente e con invariato successo direttori d’orchestra e allenatori di calcio): ci è piaciuto Luisi nel mettere in condizione la collega solista di esprimere al meglio il tematismo affidatole, così come nell’amalgamare la stessa solista e l’orchestra le quali, bisogna dire, non sempre erano in perfetto accordo.
Insomma ci sembra sia stato proprio Luisi il vero mattatore della serata, tant’è che, passando ora alla Fantastica, il direttore genovese ci pare sia riuscito a ricavare il meglio dall’orchestra, quantomeno in certe situazioni, tra cui una riuscitissima resa dei tragici momenti del movimento conclusivo, con quell’incantatore, inesorabile, spettrale dialogo tra le campane e gli ottoni, momento di non semplice traduzione dal testo alla musica e gestito con grande consapevolezza. Cimentarsi nel sinfonismo di Berlioz è uno straordinario banco di prova per il virtuosismo e le idee del direttore d’orchestra: che il francese sia da annoverare tra i grandi orchestratori del secolo XIX è probabilmente superfluo ricordare (il suo trattato farà scuola non meno di quello di Rimski-Korsakov). Ad esempio, il massiccio impiego di ottoni e gli impasti sonori tra questi ultimi e i fiati da parte del giovane compositore (val forse la pena ricordare che in quel momento Berlioz non aveva ancora compiuto ventisette anni) che nella Marche au Supplice arriva a impiegare ben quattro corni, due “cornette a pistoni” (i pistoni costituivano un recente, rivoluzionario apporto allo sviluppo di questi strumenti), due trombe, tre tromboni e due tube, è qualcosa che inizia a protendersi già verso un organico sinfonico tardo ottocentesco, piuttosto che riferirsi a un’epoca in cui Beethoven era morto da pochissimi anni. In definitiva ci pare di poter affermare, a fronte di un’orchestra non sempre in pienissima forma, che Luisi abbia restituito al pubblico la drammaturgia e la drammaticità della partitura nella sua interezza, mettendo in rilievo i momenti salienti e quelli più riposti della sinfonia, la quale, ha ricordato il direttore artistico dell’OSN Ernesto Schiavi, è un po’ (pur non mancando dei precedenti) «il manifesto di quella corrente estetico-romantica che fa capo principalmente a Berlioz e Liszt e che vede indissolubilmente legata la musica alla letteratura e alla poesia e che vede la musica anche come racconto di vita».
Marco Testa
Foto: Piùluce