Un Haydn d’eccezione con Antonini a Stresa

Foto: Davide Martignoni

HAYDN Sinfonia in do Hob.I:52, Sinfonia in mi Hob.I:44 “Trauer-Symphonie” VIVALDI Concerto per violino in RE RV 208, Concerto per violino in SI bemolle RV 368 violino Dmitry Smirnov Il Giardino Armonico,direttore Giovanni Antonini

Stresa, Stresa Festival Hall, 17 agosto 2024

Un inizio scintillante per l‘edizione numero 63 dello “Stresa festival”, nel segno della verve ritmica e della fantasia di Giovanni Antonini e del suo Giardino Armonico, in una serata in cui si intrecciavano due sinfonie di Haydn e due concerti per violino di Vivaldi, affidati al virtuosismo del trentenne russo Dmitry Smirnov, violinista di potenza e di classe, il quale ha conferito alla musica vivaldiana un insolito peso sonoro scolpendo ogni nota con vigorosa energia.

Tutto era in stile e insieme tutto suonava fresco e attuale, in virtù dei tempi mossi, di un fraseggio teso e a tratti persono spigoloso e di sonorità screziate e spesso pungenti, perché Antonini al bel suono preferisce un suono espressivo. Sono queste le coordinate interpretative del Giardino Armonico, capace di mantenere una grande libertà nell’approccio alla musica pur restando nei canoni della prassi esecutiva storicamente informata (con tanto di cambio d’archetto passando da Haydn a Vivaldi): l’impronta dell’ensemble è sempre riconoscibile, in disco come dal vivo, in particolare nel suo Vivaldi così scintillante, aggressivo perfino, e così pieno di eruzioni ritmiche e improvvisi scarti di umore.

È la stessa prospettiva con cui il Giardino Armonico si accosta ad Haydn, come allo Stresa Festival Hall (nuovo nome del Palazzo dei Congressi, che da un paio d’anni si è rinnovato anche nella veste acustica, tra camera acustica e le vele di legno poste sopra il palcoscenico: finalmente la musica arriva in platea) si è visto già in apertura di serata con una Sinfonia in do n. 52 tesa nel suono e travolgente nel fraseggio. La Sinfonia in mi n. 44,conosciuta con il titolo apocrifo di “Funebre”, è apparsa ancora più tesa e lacerata sia nei movimenti estremi sia in un Menuetto condotto al piccolo trotto, un Menuetto per niente rassicurante per quanto levigato di fino come dimostrava il piccolo rallentando con cui veniva presentato ogni volta il tema principale, ma anche quieta e morbida in un Adagio di ottima fattura lirica, pieno di sottigliezze dinamiche. Le qualità tecniche e interpretative del Giardino Armonico sono note, anche se toccarle con mano dal vivo è sempre un’esperienza emozionante per la brillantezza virtuosistica degli archi, gli ottimi fiati, la compattezza dell’insieme e la pulizia delle esecuzioni (poche le sbavature) e infine per l’incisività dell’articolazione — Antonini sul podio è infaticabile nel sollecitare la sua orchestra — e la precisione negli attacchi e nelle chiusure di frase.

Palpabile è la familiarità di Antonini con la musica di Haydn, alla radici della quale c’è un progetto discografico di ampio respiro con l’etichetta Alpha iniziato nel 2014, la cui conclusione è prevista nel 2032, che vede il direttore milanese impegnato nella registrazione integrale delle 107 sinfonie haydniane alternandosi alla guida del Giardino Armonico e della Kammerorchester Basel, un’integrale di cui sono già stati pubblicati una decina di CD. Anche con Vivaldi, naturalmente, Il Giardino Armonico e Antonini si trovano nel loro elemento naturale, e l’interpretazione a Stresa dei Concerti per violino in RE RV 208 e in SI bemolle RV 368 era nel segno della ritmicità e della fisicità, caratteristiche esasperate dal violinista Dmitry Smirnov, il cui approccio è stato insolitamente muscoloso e robusto. Suona con spavalderia Smirnov, con la sicurezza del virtuoso a cui riesce tutto facile ma anche con la consapevolezza stilistica dell’interprete consapevole che Vivaldi non è Brahms e quindi in grado di districarsi sempre in scioltezza e sempre con eleganza in una scrittura che in questi due concerti, in particolare nel Concerto in Si bemolle RV 368 ma anche nelle cadenze del primo e ultimo movimento del Concerto in RE RV 208, presenta un alto grado di virtuosismo. Nei movimenti lenti è stato Smirnov a condurre il Giardino Armonico, perché Antonini nel Grave – Recitativo del Concerto RV 208 è sceso dal podio e nel Largo del Concerto RV 308 è rimasto al suo posto ma senza fare un solo gesto, e l’ha condotto molto bene, con la libertà nel fraseggio adeguata alla scrittura preludiante e quasi improvvisativa di questi due movimenti.

Peccato per qualche vuoto di troppo tra il pubblico in sala, ma i presenti hanno apprezzato e sono stato anche gratificati da due bis. Prima Smirnov ha eseguito un Capriccio n. 17 di Paganini in modo impeccabile ma anche sorprendentemente leggero a paragone sia con l’approccio ferino e funambolico di altri interpreti, per esempio un paganiniano doc come Giuseppe Gibboni, sia con la fisicità da lui stesso esibita in Vivaldi, con alcuni passaggi in pianissimo molto pregevoli. Per finire è arrivato anche il bis del Giardino Armonico, la scena finale del balletto Don Juan di Christoph Willibald Gluck, un bis che da solo valeva l’intero concerto sia per la tensione drammatica (il Mozart più doloroso e tragico, a ben vedere, viene da qui), i cupi contrasti dinamici e il vorticoso turbinio ritmico sia per la prova di virtuosismo d’insieme offerta dall’ensemble di Antonini.

Luca Segalla

Data di pubblicazione: 18 Agosto 2024

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