MOZART Idomeneo B. Richter, L. Desandre, F. Lombardi, G. Semenzato, O. Mancini, L. Bernard, W. Meinert; Choeur du Grand Théâtre de Genève, Cappella Mediterranea, Orchestre de Chambre de Genève direttore Leonardo García Alarcón
Ginevra, Grand Théâtre, 29 febbraio 2024
A causa di uno sciopero dei dipendenti del teatro — fatto abbastanza insolito per la Svizzera — la quinta rappresentazione di questo nuovo allestimento ginevrino di Idomeneo (coprodotto con la Dutch National Opera di Amsterdam e con i Théâtres de la Ville di Lussemburgo) è stata convertita in un’improvvisata mise en espace. Non possiamo pertanto valutare l’atteso spettacolo firmato dal coreografo belga Sidi Larbi Cherkaoui, che si avvalso delle scene di Chiharu Shiota, artista giapponese di fama mondiale, nota per le sue imponenti installazioni costruite attraverso fili intrecciati con elementi e oggetti simbolici. I fili sono l’elemento caratterizzante anche di questa sua scenografia, di cui abbiamo avuto un “assaggio” sullo sfondo del concerto, a mo’ di scena fissa. Lo spettacolo è stato comunque registrato nel corso delle altre rappresentazioni (la foto qui riportata è tratta da una di esse) e verrà proposto da Arte Concert a partire dal 17 marzo. Per il momento ci limitiamo a registrare le opinioni discordanti della critica: da un lato, chi ha molto apprezzato l’insolito côté visivo di questo Idomeneo; dall’altro lato, chi, pur non negandone i pregi estetici, ha lamentato l’assenza di un Konzept convincente.
La parte musicale è stata invece unanimemente lodata. A giusto titolo. Leonardo García Alarcón si è infatti confermato, una volta di più, concertatore sensibile e fantasioso, ma al tempo stesso misurato: il fraseggio orchestrale della sua Cappella Mediterranea (integrata, nella circostanza, da elementi dell’Orchestre de Chambre de Genève) è ricco di colori e di dettagli, ma non va mai a detrimento della teatralità, mantenuta sempre viva in forza di una dinamica e di un’agogica contrastate e di un accompagnamento dei recitativi creativo. Rimarchevole, anche in termini drammatici, il contributo del coro del Grand Théâtre: il sempre sconvolgente Oh voto tremendo! era da antologia.
Nel ruolo del titolo era originariamente previsto Stanislas de Barbeyrac, ritiratosi dalla produzione qualche giorno prima del debutto. In effetti, ascoltando il suo recente Giasone scaligero nella Medée di Cherubini era già parso in cattiva forma; questo forfait ne è la conferma. Al suo posto è stato reclutato Bernard Richter, vario ed eloquente nei recitativi, ma in chiara difficoltà nelle agilità di Fuor del mar (come, del resto, quasi tutti i tenori). In virtù di una linea vocale morbida e di un fraseggio sfumato, Lea Desandre restituisce incisivamente i dubbi e i tormenti di Idamante. Del pari eccellente l’Ilia di Giulia Semenzato, che sfoggia un canto sorvegliato ed espressivo. Federica Lombardi esibisce un timbro pieno e voluttuoso e una vocalità impeccabile; il tutto accompagnato da una presenza scenica innegabilmente affascinante, che compensa parzialmente una certa qual “mitezza” nel furibondo sfogo finale di Elettra. Omar Mancini è un buon Arbace, al pari del Gran Sacerdote di Luca Bernard; un po’ legnosa, per contro, La Voce di Nettuno di William Meinert. Da segnalare che tutti gli interpreti si sforzano, con risultati generalmente apprezzabili, di recitare, pur in assenza della messa in scena.
Al termine successo cordiale da parte dei pochissimi spettatori convenuti al Grand Théâtre, la maggior parte degli acquirenti avendo preferito farsi rimborsare il biglietto. Per certi versi è sembrato di assistere ad un concerto tra pochi intimi nel salotto di casa, come usava un tempo. Insomma: esperienza incompleta ma appagante.
Paolo di Felice