WIDMANN Con brio MOZART Concerto per due pianoforti e orchestra in MIb K 365 BEETHOVEN Sinfonia n. 5 in do op. 67 pianoforti Jan Lisiecki e Francesco Piemontesi Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia direttore Gianandrea Noseda
Verona, Teatro Filarmonico, 18 settembre 2024
Torna a Verona per il prestigioso Settembre dell’Accademia, giunto quest’anno alla 23esima edizione, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Gianandrea Noseda, il maestro milanese che si divide tra la National Symphony Orchestra di Washington e il Teatro dell’Opera di Zurigo, istituzioni entrambe di cui è direttore musicale. Il concerto si è aperto con il brano Con brio, una commissione del 2008 della Bayerischer Rundfunk e dell’allora suo direttore Mariss Jansons al compositore tedesco Jörg Widmann, il quale costruisce una sorta di ouverture che monta lacerti melodici ispirati alla Settima e all’Ottava Sinfonia di Beethoven e il tipico vigore ritmico beethoveniano, dando vita ad una decostruzione del materiale motivico e strizzando sempre l’occhio all’ascoltatore che è continuamente sollecitato da sorprese, scatti dinamici ed agogici. Non vi sono precise citazioni, ma i frammenti e la pulsazione ritmica alludono chiaramente al modello. Un brano che Jansons riteneva dovesse essere eseguito nel contesto di un programma beethoveniano. L’Orchestra di Santa Cecilia offre una prova maiuscola di tenuta ritmica e di precisione musicale, in ispecie la timpanista cui Widmann affida un ruolo quasi protagonistico. Noseda è precisissimo nel gesto ed ottiene un risultato maiuscolo dagli strumentisti.
Segue nel programma il raro Concerto per due pianoforti e orchestra in mi bemolle maggiore K 365 di Mozart, con due solisti d’eccezione: il pianista canadese Jan Lisiecki e lo svizzero Francesco Piemontesi. Composto nel marzo 1779 a Salisburgo per la sorella Nannerl e per l’autore stesso, che lo eseguirono spesso insieme, è un’opera di notevole freschezza e maturità, che mette al centro i due solisti in un rapporto del tutto paritetico, intriso di lirismo ed umorismo fusi in un gioco sapiente che richiede agli esecutori fantasia e complicità.
L’esecuzione di Lisiecki e Piemontesi è sembrata conformarsi alla descrizione che del Concerto fa Hermann Abert nella sua classica monografia su Mozart: “Dividono ogni loro melodia, variano uno la musica dell’altro, si interrompono vicendevolmente, all’occasione discutono gentilmente; il loro fraterno dialogo non è turbato da nessuna seria divergenza di opinione”. Ma nella composizione di Mozart vi è molto di più e dai due per quanto bravi ed eleganti pianisti non sono emerse sorprese, allusioni, quell’ironia tipicamente mozartiana. Tutto perfetto, preciso, sonorità tornite ma Mozart è anche molto altro. Noseda si è limitato ad un generico accompagnamento, enfatizzando certi passaggi più drammatici e lasciando condurre il gioco ai due pianisti. Come bis una indiavolata Danza slava n. 8 op. 46 a quattro mani di Dvořák, smaltata e luccicante, e a seguire, inaspettato, “Il cigno” di Saint-Saëns affidato al bravissimo primo violoncello dell’orchestra sull’accompagnamento di Lisiecki e Piemontesi ai due pianoforti.
La seconda parte del concerto è stata interamente occupata dalla Quinta sinfonia di Beethoven, che Noseda ha staccato con tempi serrati fin dal celebre incipit in una visione eroica e tendenzialmente monocorde, che in un primo momento poteva affascinare, ma alla lunga è parsa troppo a senso unico. L’Orchestra si è prestata al gioco direttoriale mostrando ancora una volta tutta la sua eccellenza e bravura tecnica delle diverse sezioni, unita ad un’invidiabile compattezza sonora. Aspetto, questo, emerso anche nell’Ouverture dal Flauto Magico di Mozart, letto in chiave beethoveniana con sonorità corrusche e drammatiche, che ne hanno limitato i tratti di leggerezza. Vivissimo successo di pubblico per i due pianisti e per il direttore milanese.
Stefano Pagliantini