HÄNDEL Rinaldo D. Galou, F. Aspromonte, A.M. Sarra, R. Pe, L. De Donato, F. Benetti, A. Bessi; Accademia Bizantina,direttore Ottavio Dantone regia Jacopo Spirei scene Mauro Tinti costumi Silvia Aymonino luci Marco Alba
Pavia, Teatro Fraschini, 18 gennaio 2019
Pavia è l’ultima tappa di questa coproduzione dei Teatri di OperaLombardia, già vista, in precedenza, a Cremona, Brescia e Como. Si tratta di uno spettacolo degno delle migliori scene internazionali, non solo per l’indubbia qualità dell’esecuzione musicale, ma anche per la messa in scena in chiave moderna firmata da Jacopo Spirei. Quest’ultimo, non a caso, è particolarmente attivo all’estero e, tra le altre cose, è titolare della cattedra di opera presso la Oslo National Academy of Art. Nel suo curriculum figura, inoltre, una lunga collaborazione come assistente di Graham Vick.
Nella sua lettura registica, il valoroso cavaliere Rinaldo altro non è che un anonimo impiegato dei nostri giorni, scarsamente incline a discostarsi dalla sua routine, che ce lo mostra in azione davanti ad un computer in un ufficio squallido, angusto e senza luce. Al suo mondo, che è quello dei “regolari”, si contrappone quello degli “sballati” Argante, Armida e le Furie (impersonate da tre danzatrici), il cui “quartier generale” è lo Spider Bar, un equivoco locale notturno, che prende il nome da un enorme ragno che occupa gran parte della scena e che rappresenta il lato oscuro della vita e le insidie ad esso associate. Almirena, pur appartenendo alla “gente perbene”, sfoggia una certa qual malizia seduttoria; l’occhialuto Rinaldo se ne innamora rapidamente e decide, per liberarla, di sfidare i pericoli dello Spider Bar, abbandonando, con qualche esitazione, la comfort zone della sua quotidianità. Ci riuscirà insieme a Goffredo, con l’ausilio di mazze da baseball opportunamente fornite dal Mago cristiano, raffigurato, nella circostanza, come un senzatetto dall’allure un po’ mistica. Al netto di qualche incongruenza (perché Goffredo è raffigurato come un caudillo sudamericano?), lo spettacolo è fantasioso, incalzante e di facile leggibilità.
Rinaldo vide la luce al Queen’s Theatre di Londra nel 1711 e fu ripreso nella capitale inglese, con significative modifiche (musicali e di cast), nel 1731 (King’s Theatre). Nel frattempo, l’opera era circolata anche altrove in Europa (Amburgo, Napoli) con consistenti rimaneggiamenti e aggiunte, come del resto era prassi corrente all’epoca. In linea con siffatta prassi, Ottavio Dantone (che dirige e suona il clavicembalo, utilizzato qui da Händel in maniera decisamente ampia, ben oltre il mero accompagnamento dei recitativi secchi) propone una sua lezione: una crasi tra le due versioni londinesi del 1711 e 1731, che sacrifica inoltre parecchie linee di recitativo e qualche brano musicale (oltre ad eliminare totalmente il personaggio di Eustazio). Ne risulta un Rinaldo teatralmente agile e scattante, che inoltre, grazie al supporto fornito dall’eccellente Accademia Bizantina, non trascura di mettere in evidenza l’inaudita (per l’epoca) ricchezza timbrica dell’orchestra. Si aggiunga la notevole varietà dinamica e si avrà la misura di un’esecuzione musicale davvero rimarchevole.
Decisamente apprezzabile anche il cast, nel quale spicca l’Almirena di Francesca Aspromonte, che associa ad una vocalità nitida ed espressiva una notevole disinvoltura scenica. Ad onta di una registro grave un po’ sordo, Delphine Galou, mette in mostra una coloratura fluida e, soprattutto, una recitazione dettagliatissima, ciò che le consente di incarnare alla perfezione il Rinaldo timido e impacciato voluto dalla regia. Raffaele Pe (Goffredo) sfoggia emissione solida e agilità scorrevoli; Anna Maria Sarra, grazie ad un registro acuto penetrante, è un’Armida incisiva e giustamente concitata; Luigi De Donato supera con sufficiente aplomb i temibili ostacoli della sua aria del primo atto “Sibilar gli angui d’Aletto”(della quale esiste un’incisione discografica trascendentale firmata da Samuel Ramey): tutti, indistintamente, recitano benissimo e contribuiscono alla riuscita di questa pregevole produzione.
Paolo di Felice
Foto: A. Santambrogio