MUSSORGSKI Ouverture da “Chovanščina” KHACIATURIAN Concerto in re minore per violino e orchestra SHOSTAKOVICH Sinfonia n. 5 in re minore violino Anna Tifu Orchestra della Fondazione Teatro Lirico “G. Verdi” direttore Alexander Anissimov
Trieste, Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”, 14 febbraio 2020
Credo che – vinili a parte – non ascoltassi Khaciaturian “in sala” dai tempi di Khaciaturian stesso, dagli anni in cui per esempio la musica “sovietica” girava l’Europa in forma ufficiale “di stato”, magari ammannita personalmente in tournée dal potente Tikhon Khrennikov. Adesso, fra le repliche di un Boris di storica produzione ucraina, Alexander Anissimov (direttore principale dell’orchestra sinfonica nazionale della Bielorussa e di quella d’Irlanda) l’ha inserito al centro di un acclamatissimo programma sinfonico al Verdi, avendo Anna Tifu messo in repertorio per il suo ritorno a Trieste proprio il concerto scritto da Khaciaturian per David Oistrach nel 1940 nella sua isba, al riparo dall’incendio che stava investendo l’Europa. E al riparo dal prima e dal dopo della Russia, tragici entrambi, era maturata l’invenzione rigogliosa del compositore armeno: al riparo anche dalla tormentata, discussa ambiguità profonda che Shostakovich avrebbe dovuto esercitare nella propria esperienza di artista. Non poteva essere più buona l’idea di anteporre al concerto solistico l’ouverture della Chovanščina,nella quale si evoca un melos di lontananza, di memoria, con quel carattere soffuso di nenia modale, che affiorerà pure nel concerto. E si è avvertito subito nell’orchestra triestina una concentrazione ed una condizione eccellente di corrispondenza con un direttore che naviga questo sinfonismo da suasivo stratega. Ancora più buona e opportuna l’idea di Anna Tifu nello scegliere Khaciaturian. Il raccordo felicissimo con il direttore (in un concerto in cui il solista domina, ma in stringente dialettica strumentale con l’orchestra) sembrava abituale. Lo spettacolo era garantito. E spettacolo è stato davvero quello offerto dalla Tifu. Il rischio di enfatizzare l’aggressività barbarica iniziale dell’Allegro con fermezza è trasceso da una sbalorditiva fusione di bellezza di suono, di temperatura, di eccitazione nella nervatura del discorso (echi di danza e radici caucasiche), nella morbidezza densa del movimento di mezzo, nella quasi subliminale e vertiginosa fantasia ritmica del finale. Spettacolo di musicalità assoluta insomma al di là e al di sopra del virtuosismo. Tale da far scattare alla fine una di quelle sfrenate giovanilistiche reazioni da stadio, non frequenti nel teatro triestino.
Conclusione di serata non meno spettacolare a grande organico per la Quinta di Shostakovich. Anissimov ne domina l’impianto formale, vi indaga, scava con pieno coinvolgimento dell’orchestra nella materia sonora tutto il contradditorio travaglio di questa partitura, dalle mahleriane intrusioni di Trivialmusik nello Scherzo alla sfrontatezza trionfale del conclusivo Rondò.
Gianni Gori