DONIZETTI L’elisir d’amore, L. Avetisyan, N. Sierra, B. Pinkhasovich, B. Terfel, S. Dufresne; Orchestrav e Coro della Royal Opera House, direttore Sesto Quatrini regia e costumi Laurent Pelly (ripresa da Paul Higgins) scene Chantal Thomas luci Joël Adam
Londra, Royal Opera House, 22 settembre 2023
Una produzione effervescente, piena di trovate divertenti, questo Elisir alla ROH: l’allestimento del regista Laurent Pelly del 2006, ripreso da Paul Higgins, ci ha trasportato nell’Italia contadina degli anni ’50 del secolo scorso, con una scenografia (di Chantal Thomas) che ci mostrava l’aia di un’azienda agricola al tempo del raccolto: al centro una piramide di balle di fieno su cui salivano e scendevano (meglio: entravano e uscivano di scena) protagonisti, comprimari e artisti del coro.
Pelly faceva muovere i personaggi a un ritmo frenetico, con divertenti gag molto apprezzate dal pubblico londinese, che infatti rideva di gusto, complice un clima a tratti da vaudeville. In particolare, il Coro della Royal Opera House merita un plauso sia per la parte cantata ma anche per la partecipazione attiva alla gioiosa macchina messa su da Pelly: perfetti tutti per dizione e armonizzazione ma perfetti anche per la gestualità tutta italiana che hanno sfoggiato.
Tutti si muovevano con perfetto sincronismo, sullo sfondo di campi appena mietuti che si perdevano a vista d’occhio, tra ciclomotori, lambrette e biciclette, fino all’entrata dello sgangherato camion-bazar di Dulcamara che compare in scena in una calda luce da pomeriggio estivo perfettamente riprodotta da Joël Adam: un meccanismo scenico di estrema precisione e di contagiosa allegria.
Il cast era indubbiamente all’altezza: i protagonisti erano il soprano Nadine Sierra come Adina (al suo debutto alla ROH), il tenore Liparit Avetisyan nei panni di Nemorino, il basso/baritono Bryn Terfel nel ruolo di Dulcamara e Boris Pinkhasovich in quello di Belcore. Sarah Dufresne era Giannetta.
Liparit Avetisyan era chiaramente a suo agio nei panni del candido innamorato credulone, riuscendo ad essere comico senza parere (troppo) sciocco, ma soprattutto, e giustamente, senza spingere mai troppo sul pedale del tenore lirico puro. In “Una furtiva lagrima” ha saputo evocare anche con una contenuta, dolente gestualità, l’amore e la tenerezza verso la sua Adina, in un’aria che spesso viene cantata come in un recital, senza agganci emotivi alla situazione in divenire sulla scena.
Bella, disinvolta e a tratti conturbante era la Adina di Nadine Sierra. Il soprano americano ha cantato e interpretato il ruolo in perfetto stile belcantistico, con un fraseggio leggero ed elegante, una voce dal timbro limpido e note acute squillanti. Per non parlare della recitazione, da vera attrice brillante, nei numeri solistici e nei duetti con Nemorino e con Belcore.
Dopo il disincantato scetticismo di “Della crudele Isotta”, la volubilità nel duetto con Nemorino “Chiedi all’aura lusinghiera”, si arrende infine con tenerezza all’amore verso il giovane nell’aria “Prendi, per me sei libero”: tutte melodie cantate con nitida tecnica e con un incantevole dominio della coloratura, anzi con qualche punta di malinconia che la rendeva ancora più adorabile.
Boris Pinkhasovich era un Belcore gradasso e grossolano quel tanto che bastava a fissarne il carattere, ma poi abbastanza variato nella recitazione; ha esibito una robusta voce baritonale e tempi scenici ammirevoli, a cominciare da “Come un Paride vezzoso”. Bryn Terfel è stato un Dulcamara impostore a tutto tondo, senza cedimenti di coscienza, in linea con la tradizione interpretativa del personaggio. Il suo “Io son ricco e tu sei bella” ha strappato molti applausi. Entrambi i comprimari sono riusciti ad entusiasmare il pubblico Una nota di merito anche per Sarah Dufresne, che ha cantato con verve nel ruolo minore di Giannetta.
Il direttore Sesto Quatrini, tra l’altro l’unico italiano in una italianissima messinscena, è giovane ma già affermato a livello internazionale: Quatrini ha mostrato una profonda comprensione della partitura donizettiana, sia per quanto riguarda la dialettica tra voci e orchestra, sia nella cura dei dettagli metrici ed espressivi. La sua direzione ha dato sostegno e forza alla regia di Pelly, con una lettura divertita e partecipe, facendo emergere con chiarezza ogni singolo dettaglio comico, ma anche assecondando i momenti lirici con empatia, ben coadiuvato da una eccellente orchestra. E il pubblico glielo ha riconosciuto, accogliendolo alla chiamata finale sul palco con una ovazione, dopo quelle tributate ai cantanti.
Lorenzo Fiorito
Foto: Clive Barda