ROSSINI Maometto II D. Korchak, V. Berzhanskaya, V. Abrahamyan, L. Danyang, R. Tagliavini; Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo, direttore Michele Mariotti regia Calixto Bieito scene Anna-Sofia Kirsch costumi Ingo Krügler luci Michael Bauer
Napoli, Teatro di San Carlo, 29 ottobre 2023
Se meritoria era l’iniziativa di riportare a al San Carlo Maometto II, che il compositore scrisse per questo teatro duecento anni fa e da allora mai più rivista da queste parti, affidarne la regia alla superstar Calixto Bieito non si è rivelato un buon servizio reso al Rossini serio.
Maometto è un lavoro cupo e grandioso, con poche, lunghe arie e complesse scene d’insieme (compreso il famoso Terzettone) che richiedono concentrazione all’ascoltatore. E invece, ci siamo trovati di fronte a una cacofonica accozzaglia di trovate registiche futili e pretenziose, una matassa di insulsaggini senza un bandolo, senza un canovaccio che attraversasse e illuminasse la tragedia per noi.
Un fondale monocromo (bianco nel primo atto, tutto nero nel secondo) e il palco disseminato di cavalli di frisia con neon incorporati, che occasionalmente si illuminavano, per poi essere coperti di buste nere di plastica; uomini e donne del coro con abiti ordinari di foggia moderna, che giravano all’inizio per il palcoscenico trasportando ognuno paccottiglie diverse, forse per suggerire che erano sfollati di qualche guerra.
Il ciarpame moralistico-ideologico poi prevedeva bambolotti impiccati ai cavalli di frisia e i soldati di Maometto con dei peluche appesi al collo: avremmo forse potuto interpretarli come trofei di bambini ostaggi e vittime, riferiti agli ultimi avvenimenti, ma abbiamo deciso che trovare spiegazioni sensate a questa e ad altre sciocchezze del regista, offendeva l’intelligenza nostra e degli spettatori. I quali alla fine non si sono fatti scrupolo di contestare e fischiare sonoramente Bieito quando si è presentato sul palco, con una veemenza che non si era mai vista in questo teatro, a memoria di critico.
Eppure, grazie soprattutto ad un immenso Michele Mariotti, la parte musicale ha tenuto, sebbene anche qui il regista non abbia mancato di fare danni: i tre personaggi in scena prima dell’ingresso di Maometto (Erisso, Calbo e Anna), Bieito li ha come sradicati dal corpo ideale e musicale dell’opera, non dando loro un centro di gravità drammaturgico condiviso, per cui essi non interagivano tra loro scenicamente (e quindi vocalmente ed emozionalmente), come se ognuno cantasse per il proprio ombelico. Poi finalmente è entrato Maometto/Tagliavini, e l’insieme fino ad allora disarticolato ha trovato un suo punto di ancoraggio.
L’entrata carismatica del basso (“Sorgete!)” ci ha permesso finalmente di afferrare il filo di un discorso teatrale, anche perché Tagliavini ha offerto del conquistatore turco una lettura intelligentemente articolata e profonda; una tragica grandezza, la sua, non sminuita neppure quando, nel lungo duetto con Anna, il regista lo costringe, mentre canta il suo “disperato amor”, a sbottonarsi la patta forzando la mano della donna verso le sue zone intime: poche cose tanto laidamente insulse abbiamo visto in passato su un palco.
Il basso ha mostrato una maturità vocale e interpretativa impressionante: la cavatina e l’aria nell’Atto II, dopo il duetto con Anna, erano le migliori cose della serata, cantate a piena voce ma senza sacrificare controllo tecnico e bellezza di emissione.
Anna era Vasilisa Berzhanskaya, che ha una voce sicuramente con un grande potenziale, ancora però non completamente sviluppato: si presenta con la cavatina “Ah! Che invan su questo ciglio”, con buon timbro e fraseggio, senza spingere troppo, mentre nella lunga scena e aria finale gli abbellimenti avrebbero avuto bisogno di maggior rifinitura tecnica e stilistica. Ma la sua è stata comunque una buona resa della profondità drammatica del personaggio.
Paolo Erisso era Dmitry Korchak, discretamente a suo agio nelle arie solistiche, ma forse meglio quando cantava insieme al coro. Il tenore è stato un partner attento e sensibile nei numerosi duetti e terzetti a cui ha preso parte.
Il mezzosoprano Varduhi Abrahamyan nel ruolo en travesti di Calbo, ha anch’ella mostrato buone potenzialità. Alla fine del secondo atto, la sua aria “Non temer: d’un basso affetto” in cui difende Anna dalle accuse di tradimento è stata resa con timbro caldo e una buona condotta interpretativa. Anche il Condulmiero di Li Danyang e il Selimo di Andrea Calce hanno trovato il modo di farsi apprezzare.
Michele Mariotti ha diretto l’Orchestra del San Carlo con la usuale, straordinaria maestria, mostrando di aver compreso a fondo questo Rossini così sofisticato e composito, le cui diverse anime domina con assoluta padronanza, alternando tensione, dramma e lirismo. Il coro del San Carlo esegue i molteplici compiti assegnatigli dal compositore, alcuni meglio di altri, ma comunque sempre all’insegna di una ottima professionalità.
Lorenzo Fiorito