VERDI Aida M. Conesa, O. Petrova, R. Dal Zovo, R. Massi, R. Zanellato, A. Enkhbat; Coro e Orchestra dell’Arena di Verona, direttore Daniel Oren regia e scene Franco Zeffirelli costumi Anna Anni
Verona, Arena, 4 settembre 2022
Torna a rivivere a Verona per l’ennesima volta l’Egitto fantastico immaginato da Verdi, nell’allestimento di Aida creata da Franco Zeffirelli 20 anni fa per l’immenso anfiteatro romano, e da allora diventata icona del festival, “la produzione regina dell’Arena”, come dice la sovrintendente Cecilia Gasdia.
Quest’anno l’operaha avuto undici recite, dirette a turno da Daniel Oren e Marco Armiliato, con cantanti (oltre al cast qui recensito) come Liudmyla Monastyrska, Anna Netrebko, Latonia Moore, Ekaterina Semenchuk, Murat Karahan, Jorge de León, Fabio Sartori, Yusif Eyvazov, Jonas Kaufmann e Ferruccio Furlanetto. Lo strano paradosso è che, nonostante l’imponente spazio open-air, capace di contenere oltre 13.000 spettatori, e quindi per sua natura dispersivo, questa messinscena riesce comunque a creare un filo diretto tra spettatore e palcoscenico; per quanto la cifra stilistica di Zeffirelli sia la grandiosità da kolossal hollywoodiano, c’è sempre come una malia sottile che fa vivere al pubblico un’esperienza profondamente intima.
In ogni caso, proprio perché arcinoti, ci asteniamo dal descrivere scene, costumi e movimenti delle masse corali per concentrarci sulla performance vocale di questa che era l’ultima recita dell’edizione 2022 del Festival.
Il mezzosoprano russo Olesya Petrova ha mostrato il giusto spessore vocale e interpretativo per ritrarre una Amneris autorevole ma allo stesso tempo vulnerabile. La cantante ha dato vita ad una principessa tormentata, profondamente innamorata di Radamès, la quale ancora una volta dimostra la capacità di Verdi di provare più empatia per i suoi personaggi meno “piatti”, più articolati e profondi dal punto di vista drammaturgico; in questo caso, una donna regale nel contegno ma anche prigioniera delle sue passioni e capace di mostrare pietà.
Una piacevole scoperta è stata Monica Conesa, che ci ha offerto un’Aida appassionata e dolce. Forse all’inizio la voce tendeva a illanguidirsi, a rarefarsi un po’ troppo nel registro più alto e sembrava avere qualche problema a riempire il vasto ambiente all’aperto, ma poi ha portato a termine l’ammirevole impresa di crescere nel canto e, specie nel duetto finale, non ha avuto problemi a farsi sentire in un contesto non facile. Il duetto delle due donne nel secondo atto, in cui Amneris cerca di capire se Aida ami Radamès, è stato scenicamente e musicalmente molto intenso.
Il Radamès di Riccardo Massi era efficace soprattutto nei momenti lirici, ma anche vigoroso quando era necessario. Ha saputo raccontare con finezza il conflitto vissuto dal personaggio tra l’amore personale e la lealtà verso il suo Re. In “Celeste Aida” è stato diretto e semplice, dando il giusto peso lirico e drammatico ad ogni parola.
Una performance forte è stata quella dell’Amonasro di Amartuvshin Enkhbat, il quale è ormai una solida certezza nel panorama delle voci verdiane; il baritono è apparso nobile e pieno di pathos nella supplica del finale del secondo atto, “Ma tu, Re, tu signore possente”.
Riccardo Zanellato ha cantato un Ramfis con buona risonanza e bellezza tonale, mentre il Re di Romano Dal Zovo esprimeva un basso melodioso ma con la necessaria gravità. Riccardo Rados ha disegnato il ruolo secondario del Messaggero con chiarezza e precisione.
Una menzione speciale va alle coreografie di Vladimir Vasiliev, con i primi ballerini Marianna Monteleone, Ana Sophia Scheller e Alessandro Staiano, coordinati da Gaetano Petrosino; i balletti non erano un semplice divertissement ma si percepivano integrati nella narrazione.
Un fastidioso inconveniente riscontrato era la portata del suono, con note che a volte arrivavano troppo flebilmente, addirittura quasi impercettibili nei fuori scena; sebbene il canto e l’esecuzione strumentale fossero ben delineati, questo era un problema per gli ascoltatori meno vicini alla buca e al palco.
Daniel Oren ha diretto l’Orchestra e il Coro della Fondazione Arena senza troppo impressionare, andando poco per il sottile riguardo ai volumi e ai tempi. Tuttavia, il fraseggio drammatico era accortamente guidato, anche se la ricchezza della partitura verdiana ha perso molto a causa di una situazione acustica non favorevole.
Lorenzo Fiorito
Foto: Ennevi