SCHUMANN Ouverture Manfred HAYDN Sinfonia in RE Hob. I:101 “La pendola” BEETHOVEN Sinfonia in do n. 5 op. 67 Lucerne Festival Orchestra, direttore Riccardo Chailly
Lucerna, KKL Luzerner Saal, 18 agosto 2021
Velocità. E insieme leggerezza. Lo Chailly ascoltato quest’anno a Lucerna colpiva per la concertazione fresca e naturale ed il fraseggio senza orpelli, poco incline a complicazioni e macerazioni intellettuali. Il direttore milanese lasciava scorrere la musica puntando sulla fluidità e sull’energia ritmica, potendo fare affidamento sull’ottima acustica del KKL e su una super orchestra che non ha certo bisogno di presentazioni. Per il suo terzo e ultimo concerto di questa estate a Lucerna ha scelto un programma molto tradizionale (senza voler dare al termine una connotazione negativa), con l’ouverture Manfred di Schumann, la sinfonia “La pendola” di Haydn e la Quinta sinfonia beethoveniana: il legame con il tema di fondo del cartellone,“crazy” (follia), è piuttosto fragile, Schumann a parte, però con quattro settimane di musica (finalmente: lo scorso anno, nel pieno dell’emergenza Covid, il Festival si era ridotto a durare solo una settimana, rinunciando a tutti i grandi appuntamenti orchestrali) il tema conduttore non deve necessariamente condizionare ogni evento.
Tra gli eccessi emotivi del Manfred e la Quinta ilprogramma avrebbe potuto indirizzare la serata verso la melanconia ed il dramma, ma Chailly non possiede un temperamento melanconico e così il Manfred è scivolato via in scioltezza, in un trionfo di sonorità vellutate, di pianissimi e temi appena sussurrati. Per le norme di distanziamento in sala c’erano circa 900 persone invece delle consuete 1.800 e l’orchestra contava una sessantina di elementi, mentre nelle edizioni pre-Covid arrivava a superare i 100 effettivi, però in una sala come il KKL nulla si perde in termini di spazialità e di volume di suono ed anzi con un organico più contenuto si guadagna nella definizione dei dettagli. Dettagli che nel Manfred erano messi a fuoco alla perfezione e apparentemente senza alcuno sforzo da parte di un’orchestra dagli automatismi quasi perfetti (solo qualche eccesso nel suono e nel fraseggio nel finale della Quinta) e in grado di respirare in perfetta sincronia, con violini e viole morbidi, ottimi ottoni, fiati sempre presenti e violoncelli semplicemente spettacolari.
Come si è accennato, sul podio Chailly ha evitato ogni spigolosità in un Manfred di raccolta bellezza, giocato su sonorità morbide e lievi, senza quasi vibrato negli archi e con pochissimi rallentandi nel fraseggio. È accaduto lo stesso in Haydn, dove non avrebbe guastato qualche guizzo in più sul piano del ritmo e dell’invenzione timbrica, ma che era un gioiello di equilibrio formale e soprattutto sonoro, con pianissimi gestiti alla perfezione e un secondo movimento – quello con l’accompagnamento alla maniera di una pendola, a cui si deve il sottotiolo alla sinfonia – delizioso e perfino lezioso nei suoi pizzicati perfettamente in sincronia, nei suoi temi presentati cordialmente, nella serenità familiare e borghese che pervadeva ogni nota. Poi un Minuetto con trio popolare ma non troppo ed un Finale mosso ma anche in questo caso senza eccessi, perché al KKL si avvertiva prima di tutto la gioia di riprendere a fare musica, senza la preoccupazione da parte di orchestra e direttore di mostrare muscoli e virtuosismo.
Anche la Quinta beethoveniana era sorprendentemente rapida, anzi rapidissima nel suo fluire traboccante di energia. Gli esiti sono stati interessanti, perché la musica si è rivelata di un’estrema trasparenza anche nel dramma e quasi tutto veniva delineato con una precisione ed insieme con una naturalezza rare. Penso al sinuoso tema cantabile del secondo movimento che le viole e i violoncelli dell’Orchestra di Lucerna hanno trasformato in morbido e prezioso velluto ed al fugato del terzo, affrontato a velocità pazzesca ma in assoluta tranquillità in un emozionante crescendo ritmico che sfociava nelle battute di transizione verso il finale, con i pizzicati in pianissimo degli archi che apparivano sottili fino all’inverosimile e perfettamente a piombo. Il Finale, un poco retorico nella sonorità, era di notevole qualità per quanto riguarda compattezza sonora e precisione esecutiva, con una coda così rapinosa e leggera che sembrava fatta apposta per chiamare gli applausi della platea.
Ed alla fine gli applausi sono arrivati, lunghissimi e con tanto di standing ovation anche se non c’è stato nessun bis, nonostante le insistenze del pubblico. Il Festival continua in grande stile fino al 12 settembre, riprendendo il discorso interrotto lo scorso anno a causa del Covid, con tanta musica contemporanea (il 4 settembre c’è la prima mondiale del Concerto per pianoforte e orchestra di Rebecca Spandersi) e con il ritorno delle corazzate sinfoniche dei Wiener, dei Berliner, della Mariinsky Orchestra, della London e del Concertgebouw.
Luca Segalla
Foto: Manuela Jans / Lucerne Festival