PONCHIELLI La Gioconda M. Conesa, A. Villari, A. Rehlis, S. Lim, A. Veccia, A. Abis, F. Azzolini, F. Pittari regia e scene Filippo Tonon costumi Filippo Tonon e Carla Galleri luci Fiammetta Baldisseri coreografie Valerio Longo; Coro, Orchestra e Tecnici della Fondazione Arena di Verona, maestro del coro Ulisse Trabacchin direttore Francesco Ommassini
Verona, Teatro Filarmonico, 28 ottobre 2022
La Gioconda di Ponchielli è sempre una sfida da affrontare, opera tanto nota quanto non abbastanza in repertorio per essere considerata una partitura effettivamente ben maneggevole, sia sul profilo orchestrale che vocale. Voci numerose e con parti assai impegnative, impostazione da grand’opéra – siamo sulle quattro ore di spettacolo – cori e balletti, multiformi combinazioni fra vari concertati, una sfida che la Fondazione Arena ha pienamente accolto e vinto, grazie anche all’intervento quasi last minute di Francesco Ommassini alla direzione, che in poco tempo ha preparato una partitura complessa inizialmente affidata ad altra bacchetta. In coproduzione coi Teatri d’OperaLombardia (Cremona, Como, Brescia, Pavia) con complessive dodici recite, l’allestimento coinvolge anche il Bellini di Catania e il Teatro sloveno di Maribor, un titolo che mancava a Verona da diciassette anni, dove era andato in scena in Arena, mai al Filarmonico.
Carriera in ascesa da un decennio, attualmente direttore d’orchestra residente presso la Fondazione Arena, Ommassini, violinista di formazione e di lungo corso, si è sempre concentrato soprattutto sull’opera, non solo in titoli di repertorio – soprattutto del primo Ottocento in ambito belcantistico, trovandovi una propria via stilistica – ma anche in riscoperte e rarità come Zenobia in Palmira di Paisiello al San Carlo di Napoli (diffusa in disco da Bongiovanni) o il recente Don Checco del barese Nicola De Giosa per il Regio di Torino. Un impegno che si evidenzia particolarmente nella gestione sicura delle voci, delle loro tessiture, e del loro rapporto con la compagine strumentale, incluse le scelte di tempo, attraverso una gestualità meticolosa, tenendo pienamente salde la tensione generale e la forma.
Dinanzi a una partitura a tinte fosche, fra echi della scapigliatura verso un clima da fin de siècle, Ommassini opta per colori delicati e notturni, evitando enfasi retoriche, bilancia in modo ottimale buca e palcoscenico, così come l’orchestra nel suo assieme – percussioni incluse – dando particolare risalto a parti o sezioni solistiche, dagli archi, alle viole, ai legni. L’impianto è quindi di evidente trasparenza, decisiva per repertori ancora meno battuti come questo. Tutto scorre naturalmente in fraseggi delicati, particolarmente efficaci per queste pagine e la loro espansione drammatica, così come nella leggerezza dei balletti. L’orchestra partecipa con precisione timbrica e plasticità di suono, così come il coro.
L’allestimento firmato da Filippo Tonon, ambientato con nobile eleganza a fine Ottocento, predilige un’impostazione semplice ma che sa concentrarsi su elementi significativi in scena, incastonati in sfondi grigi e neri o tinte pastello, lasciando dominare atmosfere globalmente cupe e interrogative. Lo spazio viene determinato da agili pannelli mobili e da luci soffuse che ne definiscono la profondità e lasciano emergere le figure dei protagonisti, ben distinti nei loro complicati intrecci sentimentali nonché dalle masse, che si muovono senza invadenza.
Il cast vocale raccoglie voci di gran pregio, fra cui spicca Angelo Villari (Enzo), tenore di lunga esperienza, notevole presenza vocale in scena, non solo in volume ma anche in certe sfumature, delineando un lirismo con accenti appassionati, coerente con questo repertorio e mai sopra le righe. Lo asseconda Monica Conesa (Gioconda) sempre tesa in uno slancio drammatico che esprime bene le inquietudini della protagonista, e che si articola con equilibrio insieme a Agniezka Rehlis (Laura), voce sicura fra qualche eccesso di vibrato. Angelo Veccia (Barnaba) espone i giusti toni scuri e minacciosi, senza cadute di tensione anche nei registri più gravi. Applaudito anche l’intimismo lirico di Agostina Smimmero (La cieca), più ordinario Simon Lim (Alvise). Successo caldissimo fra ovazioni anche a scena aperta.
Mirko Schipilliti