HAYDN Ouverture da “L’isola disabitata” MOZART Concerto in Do maggiore per flauto e arpa K 299 MENDELSSOHN Sinfonia n. 4 in La maggiore op. 90 “Italiana” flauto Andrea Manco arpa Claudia Lucia Lamanna I Pomeriggi Musicali, direttore Stefano Montanari
Milano, Teatro Dal Verme, 22 febbraio 2024
Musica in viaggio, il tema della serata al Teatro Dal Verme: un percorso musicale e culturale che si può leggere a più livelli. Nel quale, del viaggio, si riassumono tutte le caratteristiche: il desiderio, il sogno, la preparazione, il trascorrere ed ammirare, ed infine la nostalgia una volta giunto al termine. A questo si aggiungano i richiami letterari preziosi tra Haydn e Mendelssohn tramite Goethe. È interessante poter godere di una pagina poco frequentata quale è l’Ouverture dall’opera L’isola disabitata, innervata, rispetto a tanta altra produzione, da tensioni drammatiche che possono trovare corrispettivo nei coevi movimenti letterari germanici che dal classicismo sarebbero sfociati nel romanticismo tramite l’onnipresenza cultura di Goethe. Al quale si riferisce lo stesso Mendelssohn in quel gioco di rimandi che è la Sinfonia in la maggiore, dove l’Italia è sì attraversata, ma poi riscritta a posteriori, sempre ispirandosi a Goethe che del Gran Tour fu tra i massimi narratori e concludendo la sinfonia in tono minore con la malinconia data dalla lontananza.
Nel mezzo il Concerto in do maggiore per flauto ed arpa di Mozart, in questo caso al suo secondo viaggio parigino, nel quale l’accoglienza non fu più pari all’entusiasmo degli anni precedenti per il bambino prodigio oggetto di ammirazione. Un viaggio che è in questo caso amara lontananza da casa, ma che permette di godere di una pagina dalla verve scintillante, nella quale i due solisti, quasi voci operistiche, si rincorrono e divertono in una sorta di gara musicale fuori dal tempo, quasi Mozart avesse voluto descrivere lo stato ormai lontano dal reale della corte parigina. L’Andantino tocca le corde più intime con quella frase affidati via via al tutti orchestrale e ai singoli solisti che rende ancor più extra temporale tutto il brano.
Ottimi Claudia Lucia Lamanna e Andrea Manco, all’arpa e flauto, in raffinato equilibrio nel loro dialogo e nel cercare sempre dolcezza di emissione e timbro sia nei momenti più vivaci che in quelli di maggior cantabilità. Una intesa ben sostenuta dall’orchestra, più volte incitata da Stefano Montanari nel ricercare pianissimi il più possibile soffusi ed impalpabili. Ed esuberante sempre per affiatamento, accenti e ricerca di varietà il bis offerto al pubblico festoso.
Accattivante l’interpretazione dell’ouverture di Haydn, nella quale Montanari ha evidenziato i netti contrasti tra l’introduzione tenebrosa e inquietante che lascia subito spazio agli affanni incalzanti dei momenti centrali. Una pagina che mette curiosità di approfondire tutta la restante, poco nota, opera, per la quale Haydn riteneva di aver scritto uno dei suoi capolavori teatrali.
Medesima ricchezza e vivacità si è goduta anche nell’Italiana di Mendelssohn, dove sia l’incipit di elegante freschezza che il finale hanno permesso alle varie sezioni di dar spazio alle loro qualità. Compassato, meditativo e a tratti di nordica severità l’Andante con moto.
Applausi ripetuti e calorosi a tutta l’orchestra e al direttore hanno confermato l’esito rasserenante e solare della serata in una Milano che si è riscoperta all’improvviso invernale e piovosa.
Emanuele Amoroso