PUCCINI Madama Butterfly V. Yeo, G. Berrugi, F. Di Sauro, J. N. Martinez, R. Covatta, C. Saitta, W. Corrò, A. Metelva, F. Milanesi; Orchestra di Padova e del Veneto direttore Francesco Rosa Coro Lirico Veneto maestro del coro Matteo Valbusa regia, scene e costumi Filippo Tonon
Padova, Teatro Verdi, 18 ottobre 2024
Un nuovo allestimento del capolavoro pucciniano, realizzato in coproduzione con il Teatro Sociale di Rovigo e il Teatro Mario del Monaco di Treviso, ha aperto la Stagione Lirica di Padova al Teatro Verdi. Un omaggio al centenario della morte di Puccini e al 120° anniversario della prima rappresentazione di Madama Butterfly.
L’opera del maestro lucchese è una storia di dolore straziante che vede al centro della vicenda la fragile e giovanissima Cio-Cio-San, sedotta e abbandonata dall’ufficiale americano B.F. Pinkerton, la quale progressivamente diventa, nella sua tragedia, insieme vittima ed eroina, al pari delle grandi tragiche dell’antica Grecia. Il suo amore totalizzante si scontra con i condizionamenti famigliari e religiosi, accetta di essere rinnegata ed estromessa dalla società e si sacrifica in nome dell’Amore. Una storia universale che Puccini riconduce all’ambiente domestico e avvolge in una patina esotica senza che la tragedia autentica perda tutta la sua potenza. E alla fine l’eroina, attanagliata da un dilemma morale (sposare il principe Yamadori, tornare a fare la geisha o morire), compie la scelta più difficile e coraggiosa, ristabilendo l’ordine turbato col suicidio.
Il regista Filippo Tonon divide la scena tagliandola orizzontalmente con due grandi porte scorrevoli, che rimandano alle tipiche case giapponesi: di là il mondo di Nagasaki, con i suoi cerimoniali e le sue falsità; di qua la verità del sentimento, ossia il mondo di Cio-Cio-San, della fida cameriera Suzuki, dell’amore. E i momenti più intensi e drammatici – quello della notte d’amore e il suicidio – sono collocati in uno spazio ancora più contenuto: un nudo praticabile che, al termine dell’opera, salirà verso l’alto portando con sé l’eroina pucciniana.
I momenti oleografici sono relegati solo nel primo atto alla cerimonia del matrimonio, mentre risulta molto efficace lo stagliarsi sulla scena di una ballerina in kimono e ventaglio che, sotto una pioggia di petali, danza il tipico Nihon-buyo sulla musica del coro a bocca chiusa. Una regia molto tradizionale ma non invadente, che lascia respirare la musica e offre spazio ai cantanti per ritrarre i rispettivi personaggi. Efficace la caratterizzazione di Goro, sensale di matrimoni che, per parcella («sol cento yen»), fa conoscere stranieri e donne locali. È lui che determina il fatale incontro fra Butterfly e Pinkerton e predispone il loro matrimonio ‘temporaneo’. Roberto Covatta, agghindato con cappello tradizionale e ampio mantello nero, mette in risalto la strisciante ambiguità del personaggio nel suo irrefrenabile sgusciare da un punto all’altro della scena. Cio-Cio-San affida a gesti misurati il suo dramma e all’espressività del volto il mutare dei sentimenti. Tutti sono attori credibili, segno di un ottimo lavoro fatto dal regista.
La geniale e complessa orchestrazione pucciniana, che utilizza una tecnica simile a quella del Leitmotiv wagneriano, crea un tessuto di continui rimandi psicologici ai momenti chiave della vicenda: i temi della maledizione, dell’amore, del destino, della morte si intrecciano nel corso dell’opera e l’orchestra assurge in più punti a vera protagonista, come nella pagina sinfonica collocata ad apertura del terzo atto, con la quale Puccini “dipinge” il contrasto di pensieri e sentimenti che dilaniano la protagonista. Per rendere appieno tutto questo, oltre all’affascinante patina orientale e liberty della partitura, servono un direttore fantasioso e un’orchestra che abbia una compattezza e raffinatezza superiori. Nella prova direttoriale di Francesco Rosa, che pure conosce bene la partitura, si è ascoltata buona routine, efficace coordinamento di buca e palcoscenico, ma sono mancati la pregnante caratterizzazione dei temi e lo sbalzo drammatico di molti episodi. L’Orchestra di Padova e del Veneto ha suonato correttamente ma con scarsa raffinatezza.
Sul palcoscenico si è ammirato il soprano coreano Vittoria Yeo, che ha ritratto, fin dal primo atto, una donna solo apparentemente fragile, in realtà determinata e votata all’amore, fino all’estrema soluzione finale. La voce è chiara, estesa – qualche limite lo si è ascoltato, soprattutto negli estremi acuti – il personaggio risulta sempre credibile e la progressione drammatica verso il finale ha offerto momenti di vera commozione, ripagati dall’applauso convito del pubblico. Accanto a lei la Suzuki di Francesca Di Sauro, dalla generosa e calda vocalità mezzosopranile, protettiva verso la sua padrona e quasi incredula nell’assistere alla cieca determinazione di Butterfly.
Pinkerton era Giorgio Berrugi in una serata non particolarmente felice: la voce, in una parte non così impegnativa per il tenore, stentava ad arrivare, mostrando evidenti difficoltà già ai primi acuti. Più sicuro nell’ultimo atto, dove ha ben cantato l’“Addio, fiorito asil”.
Intensamente umano lo Sharpless del baritono cubano Jorge Nelson Martínez e del tutto convincenti tutti gli altri interpreti: l’efficacissimo Goro di Roberto Covatta, il Principe Yamadori, finalmente non anemico, di William Corrò, la Kate Pinkerton di Aleksandra Meteleva; Cristian Saitta come Zio Bonzo, Francesco Milanese come Commissario imperiale e Francesco Toso ufficiale del registro.
Infine discrete le parti corali, affidate al Coro Lirico Veneto diretto da Matteo Valbusa.
Stefano Pagliantini
Foto: Studio Pierrepi